Ad could not be loaded.

Bob Van Heur racconta Le Guess Who?

A pochi giorni dall'inizio dell'edizione 2023, abbiamo raccolto alcuni pensieri del fondatore e direttore artistico del festival di Utrecht: cosa sono oggi i festival, in che direzione andranno e cosa racconteranno?

Scritto da Nicola Gerundino il 7 novembre 2023
Aggiornato il 8 novembre 2023

Foto di Melanie Marsman

Senza troppi preamboli, per chi scrive Le Guess Who? rappresenta uno dei migliori festival in Europa. Lo è per tantissimi aspetti: una line-up con proposte tanto introvabili altrove quanto poco scontate in assoluto; qualità degli impianti e delle venue; capacità di fare rete sul territorio locale di Utrecht e, contemporaneamente, su quello internazionale; l’essere veramente un festival nella città e non in una spianata o capannone fuori dalla città; la capacità di garantire un palinsesto di contenuti gratuiti e tanto altro ancora. Chiedere a chi è riuscito a creare tutto questo cosa rappresenti un festival al giorno d’oggi e cosa i festival potranno essere in futuro, era un desiderio che avevo da tempo. Ci sono riuscito quest’anno sul filo di lana, a poche ore dall’inizio dell’edizione 2023. Ringrazio quindi due volte Bob Van Heur, fondatore e direttore artistico del festival, per il tempo che è riuscito a trovare per rispondere – in maniera tutt’altro che banale – a queste domande.

 

 

Cosa vuol dire, dal tuo punto di vista, organizzare un festival oggi, nel 2023?

Per Le Guess Who? significa scavare ancora più a fondo per trovare quelle voci che andrebbero ascoltate. Significa iniziare il lavoro dal confermare tutti quegli artisti che provengono da Paesi che richiedono molto prima visti e premessi. E ogni crisi nel mondo rende tutto più difficile. Oltre le questioni pratiche, riteniamo che un festival come LGW? sia importante per mostrare che una qualche forma di unità (globale) è possibile. Almeno all’interno della nostra “bolla internazionale”. Si tratta di dare alle persone un’idea di ciò che esiste là fuori, specialmente se non arriva loro tramite gli “algoritmi tradizionali”.

Quale dovrebbe essere la missione di un festival?

Non possiamo parlare per gli altri festival, né delle loro missioni, perché, naturalmente, queste differiscono sempre. Per quel che ci riguarda, ci battiamo per le questioni in cui crediamo davvero. Le organizzazioni non dovrebbero parlare di diversità e inclusione se non sono in grado di tradurle in fatti concreti, perché, altrimenti, non diventano altro che atti simbolici. Il che è molto pericoloso, perché in questo modo le parole si svuotano completamente di significato.

Nel 2021 ero a Utrecht in quell'edizione folle in cui, a festival già iniziato, la timetable è stata completamente stravolta dalle disposizioni del Governo olandese date per limitare l'aumento dei casi Covid. Vi chiedo come la pandemia ha cambiato la vostra idea di festival, non solo nell'organizzazione pratica, ma nella concezione stessa.

Quell’anno è stato semplicemente incredibile! Cambiare l’intera produzione del festival da un giorno all’altro è stato totalmente folle, ma ha dimostrato che il team del festival, gli artisti invitati, il pubblico e il personale erano tutti lì per la stessa ragione. Tutti si sono mostrati disponibili a dare una mano per portare avanti, insieme, quell’edizione. Quello che è accaduto ci ha fatto riconsiderare il festival e ci ha messo di fronte a nuove complicazioni. Nonostante questo, per noi è ancora molto importante non prendere la strada più facile, come sarebbe ad esempio invitare solo artisti che non necessitano di visti o che richiedono visti che possono essere facilmente ottenuti. Guardando alla line-up di quest’anno, abbiamo ampliato ancora di più il raggio d’azione e, rispetto al passato, abbiamo invitato ancora più artisti che hanno bisogno di permessi. È facile chiudere “le frontiere” e operare all’interno della propria “bolla di sicurezza”: è proprio per questo motivo che crediamo sia ancora più importante ascoltare voci che, altrimenti, raramente lo sarebbero.

Il Covid e altri eventi più recenti, come il conflitto in Ucraina, hanno cambiato il mondo dei festival, specialmente da un punto di vista economico? In che modo?

Ogni crisi fa aumentare i prezzi. È successo con la crisi finanziaria del 2008 e con la guerra in Ucraina. Anche ora, con il genocidio a Gaza in corso, ci aspettiamo di nuovo un aumento dei prezzi. Per Le Guess Who?, ovviamente, tutto questo ha un impatto. I voli, i trasporti, gli hotel, l’affitto delle attrezzature, l’assunzione di personale, il cibo: tutto costa di più. Bisogna però comunque far fronte alle circostanze e cercare di pagare tutti il più equamente possibile. Non ingaggiare “headliner” fa la differenza, perché i prezzi possono essere fuori controllo e spesso non sono realistici rispetto ai profili di alcuni di questi artisti.

Quanto è importante, rispetto a quanto appena detto, avere un supporto istituzionale e una rete? Delle radici stabili che non dipendano solo da mercato?

Avere questo tipo di sostegno finanziario è essenziale per realizzare ciò che stiamo cercando di fare. È un supporto che ci permette di correre più rischi nel programma, di investire in artisti che potrebbero non essere dei “ticket-seller”, ma sono fondamentali per la storia che vogliamo raccontare. Ci consente anche di garantire uno stipendio ai nostri dipendenti durante tempi incerti come questi.

Utrecht è una città con una stupenda struttura come il TivoliVredenburg, a cui, durante il festival, si affiancano decine di club e venue. Che rapporto ha LGW? durante il resto dell'anno con questi luoghi? In molti pensano che i festival stiano "mangiando" i club: è così?

LGW? si avvale di questi locali solo per quattro giorni e i nostri rapporti sono molto buoni. Il festival offre una piattaforma musicale che molti di loro non sarebbero in grado di promuovere durante l’anno o artisti che potrebbero non avere lo stesso richiamo in un concerto singolo. Co-promuoviamo alcuni spettacoli selezionati con alcuni di questi club e cerchiamo sempre di espandere la collaborazione. Ho sentito già diverse volte la discussione sui festival che “mangiano i locali”. Penso che la questione principale da affrontare riguardi le tariffe che gli artisti possono ottenere nei festival estivi, che generalmente sono molto più alte rispetto a quelle che possono ottenere per i loro concerti nei locali. Di conseguenza, molti agenti spingono dove c’è più denaro. Credo sia molto importante che gli artisti continuino a suonare nei club, non solo per il pubblico e per le strutture stesse, ma anche per le band. Per gli artisti suonare in un club è, su più livelli, una perfetto riscontro con la realtà.

L'anno scorso mi ha colpito molto quanto comunicato dagli Animal Collettive pochi giorni prima della loro esibizione a LGW?, quando dichiararono che avrebbero rinunciato al tour europeo perché per loro sarebbe stata una perdita di denaro. È stato un caso isolato?

No, è sicuramente un problema diffuso e ho un enorme rispetto per gli Animal Collective per aver preso quella decisione e averne parlato, perché è abbastanza folle che una delle band più influenti degli ultimi venti anni si sia trovata di fronte a un tour che non solo non sarebbe andato in a pareggio, ma gli avrebbe addirittura causato una perdita. Nel loro caso specifico, i costi erano raddoppiati rispetto al momento in cui il tour era stato programmato (inizialmente nel 2020, poi nel 2021 e poi ancora nel 2022; al loro agente va tutto il mio rispetto per questo sforzo di riorganizzazione!). Riassumendo, le tariffe erano quelle del 2020, ma i costi quelli del 2022. Possiamo analizzare dove gli artisti dovrebbero guadagnare e dove le cose vanno tremendamente male: si tratta di una conversazione molto complessa e questo potrebbe non essere il contesto migliore per affrontarla. Però è possibile sottolineare alcune cose evidenti: il business dello streaming non è redditizio per gli artisti. Vendere dischi era uno dei modi in cui effettivamente riuscivano a guadagnare: i tour servivano a sostenere l’album ed erano una delle poche aree in cui gli artisti potevano ottenere denaro. D’altra parte, non si possono pretendere ingenti somme dai promotori, specialmente quelli che presentano musica “di nicchia”, perché non è detto che guadagnino tonnellate di soldi. Anzi, spesso non ne guadagnano affatto. Credo che il ruolo della musica o dei musicisti non sia plasmarsi intorno all’industria musicale, piuttosto il contrario. Anche il pubblico ha un ruolo in questo. Un buon punto di partenza sarebbe smettere di considerare gli artisti come “contenuti” costantemente “rinnovabili”. Quest’idea di musica illimitata disponibile in ogni momento è semplicemente stupida. Senza la possibilità di essere ascoltata, la musica “illimitata” diventa solo rumore.

Una domanda che tocca particolarmente il pubblico che arriva dall'estero. Negli anni post Covid è diventato molto più difficile trovare alloggi a Utrecht. Cosa è cambiato? In generale, quanto è importante per un festival la ricettività e l'accoglienza del pubblico e degli artisti?

Questa è una grande preoccupazione all’interno del nostro team. Gli hotel hanno alzato i prezzi perché anche i loro costi sono aumentati, ma pensiamo che la questione stia andando fuori controllo: dormire in un hotel sta diventando un lusso per pochi. Durante il festival noi siamo “host” sia nei confronti degli artisti che del pubblico, ma con i prezzi a questi livelli dobbiamo davvero fare attenzione a quante notti possiamo offrire. In un mondo ideale proporremmo a tutti gli artisti di restare per l’intero festival, ma dal punto di vista finanziario non è fattibile. Alcuni festival hanno hotel come sponsor, ma questo non interessa agli hotel di Utrecht perché durante LGW? c’è così tanta domanda che possono vendere le sistemazioni a prezzi sempre più alti.

Molti festival, anche per creare una propria economia di scala, tendono a trasformarsi in format da portare in altre nazioni, come Pitchfork o Primavera Sound, tanto per citarne due. Avete mai pensato a questa opzione? Qual è la vostra opinione?

Noto da sempre questa deriva espansionistica quando gli eventi diventano di successo, non c’è nulla di nuovo. In passato lo hanno fatto ATP, Lollapalooza, Sónar, Mutek. Alcuni con successo, altri meno. Se i festival ritengono che sia un bene per il loro modello, se credono di poter arrivare a un pubblico che non possono raggiungere con il loro festival principale, allora perché no? Non credo nell’espansione fatta per il solo gusto di mostrare in quanti Paesi si è attivi. È possibile aggiungere qualcosa che una dinamica locale non ha già? Questa dinamica locale ha bisogno del “vostro” festival? Bisogna farsi molte domande prima di prendere decisioni del genere. Pitchfork è un marchio mediatico che in un certo momento è stato molto influente e i loro festival sono un altro modo per mantenere i “fan della musica” concentrati sulla loro piattaforma. Il Primavera ha costruito uno dei migliori grandi festival degli ultimi quindici anni (circa) e quindi la sua espansione può sembrare “logica”, dato che il festival a Barcellona generalmente va sold out e quindi c’è una grande richiesta. D’altra parte, quello che è successo nell’edizione di quest’anno a Madrid o Los Angeles – credo che per entrambe non ci sarà una seconda volta – suggerisce che forse non era necessario aggiungere altri festival. È più allettante rivolgersi a un grande investitore dicendo che si può essere presenti in un totale di x Paesi? Mi piacerebbe porre una domanda a riguardo: queste propaggini hanno radici locali, come il festival di Barcellona, o possono avere successo solo se ci sono grandi headliner che attirano la maggior parte del pubblico? In quest’ultimo caso, non credo si tratti di festival che possano durare a lungo. Siamo stati in contatto con diverse città e Paesi negli ultimi anni e siamo sicuramente aperti a discutere ulteriormente e vedere cosa è possibile, ma è fondamentale che un’eventuale edizione “esportata” de LGW? sia mandata avanti da persone del posto, aiutandole e aggiungendo qualcosa che altrimenti potrebbe non accadere se fossero da sole. Non credo sia intelligente cercare di replicare altrove ciò che facciamo a Utrecht, meglio costruire qualcosa di nuovo che abbia senso per il luogo in cui si trova.

Passiamo alla musica. Cosa avete voluto raccontare con il programma dell'edizione 2023?

Ci sono sempre molteplici livelli all’interno del nostro programma e, naturalmente, una grande parte di essi proviene dai curatori. Una dei principali aspetti che volevamo mettere in evidenza quest’anno è l’ascolto. L’arte dell’ascolto. Heba Kadry, una delle curatrici, è l’esempio perfetto di questa idea, così come il progetto Anonymous. Per il resto, il nostro obiettivo è sempre creare unità attraverso il nostro programma. Invitare persone che altrimenti non sarebbero ascoltate, ma che sicuramente meritano di esserlo. Invitare collettivi con cui collaborare.

Come scegliete i curatori? Che mondi musicali avete voluto raccontare attraverso quelli di quest'edizione?

Ciò che è più importante per noi è che i curatori rappresentino tutti un diverso spettro musicale. Slauson Malone 1 ha tenuto uno degli spettacoli più memorabili a LGW? 2022 e l’approccio della sua curatela si colloca tra la musica e la performance. Heba Kadry era nella nostra lista dei desideri da alcuni anni: lei lavora dietro le quinte, ma svolge un ruolo fondamentale per il suono di molti dischi. Guardando gli album a cui ha lavorato sapevamo che avrebbe avuto ottimo gusto! Nala Sinephro ha recentemente pubblicato un album veramente bello, era nelle scelte di molti e ha una sensibilità sonora completamente diversa. Gli Stereolab sono tra i preferiti del festival: è un gruppo che il nostro pubblico chiede da diversi anni di fila e, onestamente, sono ancora una band incredibile. Oltre ai curatori, abbiamo anche fantastici partner per la sezione “Presents”, ognuno dei quali porta il proprio punto di vista sulla musica. Cami Laye Okun, Ampfeminine, re:ni e progetti come Hidden Musics e COSMOS arricchiscono il festival con suoni totalmente altri. Mi piace pensare a LGW? come a un dipinto. Presi da sole alcune pennellate non hanno senso, ma quando l’opera è finita allora ci si accorge che tutto è collegato.

Tra le performance di quest'anno, ce n'è qualcuna di cui siete particolarmente contenti?

Oh, ce ne sono davvero tante! (ride, nda). Sono molto entusiasta di Mayssa Jalad, il suo è un album che ascolto spesso a casa. African Head Charge porta il meglio che il dub ha da offrire. Adoro assolutamente l’album dei SANAM e penso che saranno spettacolari dal vivo. Sono molto emozionato nel vedere dal vivo di nuovo gli Antipop Consortium. Poi Ahya Simone, Nino De Elche e tanto altro… Potrei continuare all’infinito! Un artista per cui il mio collega Jacob ha lavorato duramente è stato Faiz Ali Faiz. Non si esibisce spesso, ma fa parte di una categoria veramente a sé stante. Insieme agli Stereolab (che sono sempre fantastici dal vivo) sarà il finale perfetto del festival. E sono molto entusiasta di Dj Zakia che chiuderà il dopo-festival: adoro il suo set per Boiler Room! Anche l’Anonymous Project di giovedì sarà molto emozionante: tre artisti non annunciati si esibiranno in sala all’interno di un gigantesco cubo, oscurati dai visual. I performer rimarranno anonimi per tutta la durata del festival, come esperimento per imparare ad ascoltare senza preconcetti e creare uno spazio in cui gli artisti possano creare arte e musica al di là dalla loro identità percepita.