Non tutti i quartieri possono vantare una bottega che sta lì da oltre cento anni. Nel Quartiere MACRO ce n’è una che si trova in via Brescia sin dai primi anni del Novecento ed è praticamente rimasta intatta dai Sessanta a oggi. Si tratta dell’ormai storica Enoteca Molinari, gestita da Tonino e dai suoi figli Emidio e Veronica. Con oltre 2.000 etichette, l’Enoteca ha soddisfatto intere generazioni di residenti che si sono susseguite nel corso delle decadi.
È cambiato molto il quartiere?
Moltissimo. La maggior parte delle persone che prima abitavano qui ora non ci sono più. Ne sono subentrate di nuove. Nuove famiglie. La realtà quindi è cambiata, una volta ci si parlava direttamente dalle finestre… Le persone che hanno vissuto il quartiere quaranta, cinquanta anni fa, vedevano mio padre come un’istituzione. Come una cosa bella, perché questa era proprio una bottega che, insieme ad altre, dava i connotati all’intera zona. Le persone che vengono qui oggi invece vedono tutt’altro. Vogliono più che altro andare a vivere al centro di Roma per trovare la pace, la loro piccola oasi, per cui la maggior parte di non sa che dietro questa enoteca c’è tutta una storia.
Qualche tempo fa, tra l’altro, avete pure ingrandito il locale. A quando risalgono i lavori?
Abbiamo aperto questa nuova parte a ottobre dello scorso anno, proprio durante la pandemia. Qui si possono trovare vari prodotti da bere: vino, cocktail e poi anche taglieri, panini e altre cose per accompagnare le bevute. Non facciamo né primi né secondi.
Parlami invece di come è stata l’Enoteca Molinari per tanti anni.
Nacque con la costruzione del palazzo ad angolo tra via Nizza e via Brescia. Le mura di questo negozio sono lì dai primissimi anni del Novecento. Prima c’era quasi solo la bellissima Villa Albani, poi, pian piano, la zona ha iniziato ad assumere una conformazione diversa, sino ad acquisire le sembianze che più o meno ha ancora oggi. Il nostro locale inizialmente, come molti a quei tempi, era un semplice “vini e oli”.
Il vino veniva fatto da voi?
No, una volta il vino si vendeva sfuso – come anche l’olio, del resto. C’era un frigorifero dove si metteva una damigiana con il vino che poi veniva travasato nelle bottiglie. Col passare degli anni questa pratica è andata sempre più a scemare.
Da quello che so, questo locale è sempre stato nel cuore dei residenti di questo quartiere
Da quello che ci hanno raccontato i nostri predecessori sì, anche perché questa bottega ha resistito ai due conflitti mondiali, che proprio in queste zone ebbero risvolti importanti. Intorno agli anni Sessanta c’è stato poi un cambio di proprietà e sono entrati in scena i Molinari.
Precisamente intorno a che periodo degli anni Sessanta?
Nel 1964. Emidio Molinari, mio nonno e la moglie, Irene, presero in gestione l’enoteca che allora era già avviata e frequentata, espandendo l’offerta e incrementando la selezione di vini con passione ed esperienza. Mio nonno era un grande conoscitore di vini e dei segreti della viticoltura, per cui i clienti non andavano solo per acquistare, ma anche per scambiare due chiacchiere e saperne di più su questo mondo.
Poi è subentrato tuo padre.
Esattamente.
In che anni?
Mio padre Tonino è subentrato nel 1978, proseguendo scrupolosamente il percorso già avviato da suo padre, mettendo in pratica gli insegnamenti acquisiti e continuando con quelle stesse scelte attrattive che avevano fatto il successo di questo posto.
È cambiato molto il locale rispetto a prima?
Il locale di oggi è più o meno uguale a come era un tempo. Anzi, direi che era proprio così, almeno per quanto riguarda l’arredo: il bancone in marmo, il pavimento di graniglia rosso mattone, gli scaffali… sono tutti quelli di una volta, non è cambiata una virgola. Basta entrare per ritrovarsi negli anni Sessanta. Ce ne sono sempre meno di negozi come questo, almeno a Roma. C’è ancora la campanella con il cavallino rosso che veniva suonata a ogni apertura. Ogni tanto ci piace farla suonare a vuoto.
Parliamo della clientela. Quale è il cliente tipo di Molinari?
In realtà non c’è un cliente ideale. Vengono quelli che erano già clienti di mio padre, i loro figli e da qualche anno perfino i nipoti, oltre agli amici che ci scoprono al passaparola. Molti di questi mi hanno vista crescere, con altri sono cresciuta insieme, quindi con alcuni c’è un’amicizia vera e propria, mentre con tutti gli altri c’è un rapporto sincero e vero.
Nonostante questo, però, il vostro locale è frequentato anche da molti giovani.
I giovani vengono qua perché sono stati “coltivati” da papà. Quindi passano perché trovano mio padre simpatico e perché con tutti i suoi anni di esperienza sa come trattare tutte le persone. Poi, ovviamente, io e mio fratello abbiamo aggiunto la nostra clientela. Quindi mi verrebbe da dire che vengono da noi semplicemente perché si sentono a casa.
Quali sono le richieste più frequenti?
Non ce ne sono di particolari. Abbiamo oltre 2.000 etichette, tutte accuratamente selezionate. Coprono una vastissima gamma di gusti diversi. Non abbiamo solo vini poi, ma anche molti liquori – e, come per il vino, pure tra queste bottiglie ce ne sono alcune da collezione. Non tutti i giorni vengono a chiederci un Armagnac del ’37. Più che altro i clienti si lasciano consigliare.
Tu e tuo fratello invece come trovate il quartiere? Avete notato dei cambiamenti?
Io e mio fratello siamo letteralmente cresciuti qua. Questo per me è sempre stato un piccolo paese, perché quartieri così a Roma è difficile trovarli.
Certo, sono molto più confusionari…
Ma anche semplicemente molto più dispersivi. Qui quando scendi la mattina conosci tutte le persone che incontri. O meglio, questo succedeva fino a qualche anno fa. Scendevi e salutavi tutti. Da qualche tempo la cosa è un po’ cambiata. Ci sono molti volti nuovi, sono subentrate persone diverse che hanno deciso di venire a vivere qui. Come quartiere non dico che è il più bello, ma per me è sicuramente uno dei più belli di tutta Roma.