Ad could not be loaded.

I 40 anni dell’Osteria dell’Orsa tra punk, comunisti, jazz e turismo

L'intervista al curatore del libro ‘40 anni di Orsa’ e socio Fabio Rodda in occasione della grande festa di giovedì 12 settembre

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Salvatore Papa il 10 settembre 2019
Aggiornato il 12 ottobre 2020

Dal 1979 la storia dell’Osteria dell’Orsa va di pari passo con la storia di Bologna. Nata lì dove c’era la paninoteca “Dal Francese”, aperta a sua volta sulle vestigia del Bar Italia – reduce del dopoguerra -, venne creata da Maurizio Sicuro (oggi titolare dell’Osteria Vini d’Italia in via Emilia Levante), aiutato dal fratello Giuseppe e da Franco Bertocchi, tutti fieri sostenitori del marxismo operaista di Toni Negri. L’osteria divenne, quindi, subito un covo di comunisti e di punk, sede di concerti memorabili al piano interrato, come quelli dei Nabat e naturalmente anche Dandy Bestia e FreakAntoni degli Skiantos. Dopo il punk, il jazz: fra i tanti jazzisti che qui hanno suonato anche Paolo Fresu e Marco Tamburini. La fine dei concerti arrivò però nel 2002, proprio nella notte dell’omicidio di Marco Biagi. Da lì il nuovo corso, più orientato alla ristorazione, con la fila fuori tutti i giorni, un sacco di turisti e con un’unica cosa sempre uguale: quei tavoloni e quelle panche sempre più sgangherate che si portano dietro le storie di chi ha suonato, mangiato e – si dice – fatto pure l’amore.
Storie che saranno festeggiata con concerti jazz e rock giovedì 12 settembre dalle h 18 a mezzanotte in una via Mentana chiusa al traffico e che sono state raccolte nel libro “40 Anni di Orsa”, presentato per l’occasione con gli storici titolari e altri ospiti.
Ne abbiamo parlato con il curatore e socio di ormai lunga data Fabio Rodda.

 

Una cosa che mi sono sempre chiesto: perché si chiama Orsa?

Il nome venne scelto da Maurizio Sicuro che lesse un libro di Toni Negri in cui il professore paragonava il movimento degli anni settanta a un’orsa: animale mansueto ma che per difendere i piccoli diventa feroce.

Tu perché sei arrivato a Bologna e quando è iniziata la tua storia con l’osteria?

Sono arrivato a settembre del ‘96 e il primo locale in cui sono entrato è stata l’Orsa. Poi una storia di amicizia, i primi servizi da cameriere e quasi per caso sono diventato socio.

Come è cambiata secondo te l’Orsa dalla sua nascita ad oggi?

Moltissimo, oggi siamo pieni tutto il giorno di studenti e turisti, non c’è più modo di organizzare concerti per i quali occorrono permessi impossibili da avere in un’osteria come la nostra.
Non è cambiato lo spirito: sempre trasversali, sempre accoglienti, sempre aperti a tutti.

Cosa pensi del dibattito in città su turismo e gentrificazione?

È un discorso lungo e complicato. Qui posso dire che in molti anni ho visto cambiare la faccia di Bologna. Oggi è una capitale del turismo enogastronomico a buon mercato. Il nostro lavoro deve essere offrire il meglio in relazione al mercato che abbiamo. Siamo contenti di riempire i tavoli di turisti stranieri, ma occorre non appiattirsi sulla scarsa “cultura” in fatto di cucina. Le cose si possono fare bene con poco, basta avere un po’ di attenzione e amore per il proprio lavoro.

Un tempo bastava unire i tavoli per fare un palco e iniziare a suonare. Da lì sono passati gruppo storici. Perché oggi non succede più? Voglio dire: quali sono le ragioni profonde per cui questo non si può più fare?

Altro discorso infinito. Leggi, alcune giuste, altre discutibili. Regolamenti di sicurezza, molti giusti, altri del tutto esagerati. Licenze. Non si può più fare “alla vecchia”, occorre essere professionisti nel proprio settore e noi non siamo professionisti del pubblico spettacolo, ma del far da mangiare e far star bene la gente.

Come è formata la squadra dell’Orsa oggi?

Siamo un gruppo con tre locali (Osteria dell’orsa Fuoriporta e Jukebox oltre alla storica Orsa) e un b&b di prossima apertura. Una sessantina di dipendenti e sette soci.

Quali sono i piatti da Osteria che non usciranno mai dal menu?

Tagliatelle al ragù, i tortellini in brodo e la mitica cotoletta gigante.

Ci credi nella vecchia regola del cliente ha sempre ragione?

Per nulla. Rispetto sempre, cortesia anche, ma il cliente ha ragione quando ha ragione. Se ha pretese assurde o tratta male il personale per me può alzarsi e lasciare il tavolo a un altro. È raro, ma è successo che abbia invitato a prelevare le altre 1000 osterie di Bologna prima di tornare qui da noi.

Se esiste una versione top dell osteria dell’ Orsa, che è quella in via Costa, quali sono le differenze con la versione originale?

Il servizio più curato, pochi tavoli, più tempo per la cucina. Noi dobbiamo accendere i motori e andare a 100 all’ora fino a sera, in Andrea Costa c’è un po’ più margine per prendersi ancora più cura dei clienti.

Un locale si riconosce anche dalle scritte nei bagni. Qual è la più memorabile?

“Mods di merda. Punk1977”
L’ho trovata sverniciando una porta di un vecchio bagno dell’Orsa. Un pezzo di storia.