Sorvegliato dai graffiti di Blu e del Prof. Bad Trip, il cortile del Conchetta accoglie tutti quelli che passano, da me a mia madre, compresi i ragazzini che si stupiscono dell’esistenza dei centri sociali oggi, fino agli hipster che pensano vada di moda. Quando fu sgomberato dagli scherani della Moratti nel 2009 la città si rivoltò, per riprendersi lo spazio più amato dell’underground milanese dopo meno di 20 giorni.
Il Conchetta è sempre il Conchetta, nessuno può accusarlo di democristianità, vendita di culo o terzismo. Qui la cultura più raffinata e densa si manifesta in tutte le sue forme, dalla poesia alla musica, ma senza mai abbandonare il senso politico. Qui c’è l’archivio Primo Moroni, che ha animato il luogo e l’intera città – o almeno la sua parte pensante. La sua storia di occupazioni e sgomberi conosce moltissime forme orali e scritte, tra cui la cronaca per immagini e video pubblicata sul sito del COX18 e l’ultimo libro di Marco Philopat, I pirati dei Navigli.
La sua presenza costante dal lontano 1976 in un quartiere come quello dei Navigli rappresenta l’unico fronte aperto contro la commercializzazione e la banalizzazione dell’area: è grazie al suo potere resistente che esistono ancora due facce, due tipi di ristoranti, di bar, di tutto.