The Mars Volta

Ovvero il ritorno del Rock. Con la erre maiuscola. Anzi, con le lettere "di marmo" come sulle copertine delle raccolte a fascicoli della Grande Storia del (suddetto) Rock. I Mars Volta si ispirano, nel sound, nell'aspetto, nel comportamento sul palco, al decennio d'oro del Rock Fallocratico, gli anni 70. I due leader (Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler, provenienti dal progetto di emorock contaminato At The Drive-In) sembrano costruiti in laboratorio, tanto sono perfetti nella loro interpretazione del rocker-personaggio: teste afro "a microfono" stile Jimi Hendrix, aderenti camicie multicolori, pantaloni a zampa che lasciano intuire il toro che ringhia nelle mutande, un'agilità danzereccia che Jamiroquai si sogna tutte le notti, una voce che ricorda il Robert Plant ventenne dei primi due dischi dei Led Zeppelin. Si sono presentati sul palco dell'Independent Days a Bologna, lo scorso settembre, mentre i giovani punk già erano stramazzati sotto il peso dei loro bottiglioni di vinaccio: un'ora densa di power funk dal groove irresistibile, senza interruzioni (i pezzi sono legati da liquidi passaggi di tastiera che trasformano il loro show in uno stream of consciousness da viaggio indietro nel tempo), in cui i nostri hanno dimostrato di essere forse la più eccitante live band in circolazione oggi (non è così per quanto riguarda il loro album, vedere a lato prego): quale scioltezza tecnica, quale potenza sensuale! L'ambiente raccolto del Rainbow non farà altro che comprimere e pressurizzare il loro già travolgente impatto. Due parole per i giovani punk di cui sopra: quando imparerete a reggere quanto ingurgitate? Quando capirete che il vostro amato punk (i Lagwagon! I Rancid!) è (oggi) bacchettone, conservatore, meramente nostalgico? I Mars Volta sono al tempo stesso la negazione del punk (per le fonti d'ispirazione) e la sua deriva più avanzata, ma chi la mena ancora con i tre accordi non lo capirà mai…