Sembrava cinema sperimentale. Oppure tentativi di poesia in video. O ancora semplici esperimenti di un videoamatore con ambizioni autoriali. Eppure c'era qualcosa di strano. Di drammatico e di estremamente consapevole. I video di Steve McQueen trascinavano nel baratro della storia più nera (spesso quella coloniale) il clima di spensieratezza che sprizzava dalle opere dei colleghi (?) più o meno rriot-chic della generazione Young British Art a metà anni 90. Primo: non ci sarà da ridere. Secondo: bisognerà stare attenti ai minimi dettagli, quelli dell'immagine, della sua messinscena, del suono. Sono completamente controllati. Terzo: si dovrà fare l'esperimento di chiedersi come guardiamo quel che guardiamo, e come lo guarderemmo se avessimo un'altra identità, di genere, di appartenenza, di provenienza territoriale. A quel punto, le riflessioni faranno considerare sotto una luce diversa quel che si sta guardando. Così non fosse, nessun problema. I video di McQueen sono poesia pura, straordinariamente potente. Attenzione, stiamo parlando di uno dei più grandi in assoluto. Imperdonabile perderlo.
Steve McQueen
Fondazione Prada, Via Fogazzaro 36, Milano
di Bertrand Delux
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