C'era una volta un bambino che voleva diventare una principessa... Bè, le cose non stanno proprio così. Tuttavia mentre c'è chi da grande vorrebbe fare il pompiere o la ballerina, il veterinario o la velina ammogliata al calciatore, il piccolo Antony rimase folgorato da Boy George, e capì cosa avrebbe fatto nella vita. Di lì a pochi anni si sarebbe trasferito nella Grande Mela, e dalle performance notturne insieme alle amiche drag queen sarebbe passato a esibirsi al Bloomsbury Theater, al Warhol Museum, accanto a Nick Cave, per Philip Glass, e con la sua sorella spirituale Boy George. Assistere a un suo concerto dev'essere come incontrare un angelo. Me l'immagino sul palco col suo maglione rosa preferito, ammantato da una luce cerulea mentre si sente come Isabella Rossellini in Velluto Blu. Me lo vedo seduto al pianoforte, con la sua imponente e aggraziatissima figura, il sorriso serafico e un luminoso, magnetico, oracolare candore androgino. Mi troverò a piangere (successe anche a Lou Reed) non appena sentirò quella voce divina, paragonabile solo a una Nina Simone o una Billie Holiday. Sentirò anche gli altri intorno abbandonarsi alla dolcezza, al masochismo, alla commozione mentre lui canta “I'm so happy, please hit me”. E solo per un istante vorrò d'interrompere quella tensione sacra: per correre ad abbracciarlo.
Antony & The Johnsons @ Suoni e Visioni
2/5/2005, Teatro Ciack, Via Sangallo 33 - Milano
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