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Dieter Roth + Björn Roth - "Islands"

5/11/2013 - 9/2/2014 Hangar Bicocca, Via Chiese 2, Milano

di Angela Maderna

Tanto per fare subito le presentazioni, parliamo di un signore che ha trasformato una vecchia casa di Amburgo in un Museo della Muffa. Dieter Roth si è avvicinato a tante correnti dalla Concrete Art a Fluxus, ma uno dei suoi pallini è il deterioramento (della materia e dell'essere umano), come dire che tutto si trasforma fino all'autodistruzione. Per diversi motivi e nonostante i tanti spunti, faccio fatica a non pensare al “Merzbau” di Schwitters (che, caso vuole, con Roth condivide anche la nascita ad Hannover). Ma le colonne dell'artista svizzero trapiantato in Islanda - da cui la ricorrente iconigrafia dell’isola -, non sono fatte di spazzatura, c'è la torre di busti/autoritratto realizzata con 4 tonnellate di cioccolato e alta 5 metri, oppure quella di sculture di zucchero. Poi ci sono le stampe, come la serie di 60 raffigurazioni di Piccadilly Circus, nate a partire da una collezione di cartoline della moglie di Hamilton, o il video-diario quotidiano dell'ultimo anno di vita dell'artista, raccontato in 131 monitor. Tutto è riallestito con la collaborazione del figlio Björn, che dagli anni 80 ha lavorato insieme al padre e che per non farci mancare niente, insieme a Vicente Todolì (che firma la sua prima mostra all'Hangar), ha deciso di esporre anche il “Bar”. 60 mq d'installazione ambientale in cui tra video, disegni e strumenti musicali, potremo sederci al bancone e ordinare qualcosa da bere, a ulteriore riprova del fatto che non c’è separazione tra arte e vita. E poi se di deterioramento si deve parlare, meglio non rinunciare ai piaceri della vita.

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