Parlare dei primi dieci anni del PimOff è un po’ attraversare la storia recente del teatro a Milano. La sala di via Selvanesco 75 ha infatti segnato un cambiamento nel modo di operatori e pubblico di intendere il teatro: non più solo sede di spettacoli, ma anche luogo di residenze, laboratori, condivisione di esperienze tra artisti – e linguaggi artistici – diversi, in un melting pot dagli esiti inaspettati. Forse primo tra i teatri milanesi a meritarsi a pieno l’appellativo di Off, che orgogliosamente ha aggiunto al suo nome quando nel 2010 ha abbandonato la prima sede di via Tertulliano per trasferirsi in quella attuale, il Pim si è nutrito negli anni della creatività e generosità dei direttori artistici che si sono succeduti alla sua guida dando vita a un luogo di grande fermento. Una ‘Casa di Cultura’ come tra l’altro era nei progetti della sua fondatrice, Maria Pietroleonardo (all’acronimo del cui nome si deve poi quello del teatro, PiM), che nel 2005 decide di provare il miracolo aprendo un teatro nella ex sede della Varta (sì proprio quella delle batterie). Da allora, pur tra mille difficoltà logistiche (la zona periferica, il palco appena sufficiente ad ospitare progetti di danza – sin dai primi anni parte integrante della programmazione –, spazi accessori ridottissimi) per il Pim sono passati, allora praticamente sconosciuti, alcuni dei nomi oggi applauditi unanimemente in tutta Italia da platee ben più grandi dei suoi 99 posti. Che mi dite di gente come Filippo Timi, Scimone Sframeli, Santasangre, Ricci Forte, Zerogrammi, Senatore-Tagliarini, Compagnia degli Scarti? E la lista potrebbe continuare un bel po’. Merito certamente del talento di scouting di Maria Pietroleonardo e dei suoi collaboratori, ma anche (de)merito di un sistema teatrale, quello milanese, che appena dieci anni fa non pareva pronto a lanciarsi, certo anche un po’ incoscientemente, alla scoperta del cosiddetto teatro di ricerca, termine oggi un po’ abusato, ma che allora raccoglieva in sé una miriade di compagnie tagliate fuori dai circuiti tradizionali che ora invece le accolgono a braccia aperte. Oggi il PimOff può contare su una sede ben più capiente e funzionale, è tra i teatri convenzionati con il Comune di Milano e ha anche appena pubblicato un libro edito da Cue Press per festeggiare il suo compleanno. Forse un po’ della sua anima off l’ha persa (almeno quella un po’ bohémienne che si nutriva dell’atmosfera cupa e magica della vecchia sede e dell’essere fuori da tutte le etichette istituzionali); ma quello che fortunatamente ha mantenuto sono lo spirito vivace, l’accoglienza calorosa e gli occhi ben aperti verso ciò che lo circonda. E sul suo palco continuano a passare artisti che promettono grandi cose. Insomma, gli occhi bene aperti li dovranno tenere anche gli spettatori per non perdersi l’occasione di andarci almeno una volta, al PimOff.
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