«Scusi, per San Marco?» È la domanda più gettonata di ogni turista che si rispetti, mentre passeggia per Venezia. È il quesito più pop, quello a cui tutti i veneziani almeno una volta nella vita hanno dovuto rispondere. San Marco è sia il nome della piazza, dominata dalla Basilica, cinta dalle Procuratie, impreziosita dalla torre dell’orologio, dalla biblioteca Marciana e proiettata verso il mare col faccione di Palazzo Ducale, ma è anche il nome del sestiere che la ospita, un vero e proprio “quartiere” (guai a chiamarlo così). San Marco è un vessillo, una destinazione, una complessità, una vetrina, un simbolo.
Shopping, processioni da un museo all’altro, fotografie, selfie coi piccioni, panini, alberghi, gallerie, bed & breakfast. San Marco è un salottino immerso nelle viscere del centro storico, un contesto dove ammirare oltre alla piazza e alle sue attrazioni, gran parte dei luoghi di Venezia famosi nel mondo: dal Teatro la Fenice a Palazzo Grassi, dal Museo Correr alla scala Contarini Bovolo, dai Giardini Reali a Palazzo Fortuny. Portano a San Marco i due ponti più iconici della città sull’acqua: il ponte di Rialto e il ponte dell’Accademia. Centro amministrativo della Serenissima, operoso luogo di scambi e di perdizioni, nel tempo il sestiere si è configurato sempre più a misura di turista. E a noi piace, ogni tanto, giocare a fare i turisti.
Da dove partire? Se avete appena visitato le gallerie dell’Accademia, oppure il museo Guggenheim, siamo ancora nel sestiere di Dorsoduro, si scavalla il ponte dell’Accademia e si arriva a Campo Santo Stefano. Se siete da queste „bande“ avrete l’opportunità di sfruttare la recente apertura di Terrazza Aperol, uno spritz un cicchetto e il vostro grado di venezianità aumenta vertiginosamente. Senza dimenticare la possibilità di fermarsi per un brunch durante il weekend, un pranzo e una cena mentre si scoprono i punti d’interesse del quartiere.
Se invece partite dal ponte di Rialto, ci tornate dopo, in questo caso la prima tappa obbligata è il Fontego dei Tedeschi. L’ex palazzo dello poste, recentemente ristrutturato, offre per chi sale fino all’ultimo piano, uno sguardo indimenticabile sulla città. E poi dritti verso la piazza, seguendo le indicazioni gialle, in dieci minuti si apre l’incanto. Per secoli Venezia è stata una porta verso l’Oriente, un tripudio di profumi e spezie, che prende forma nelle architetture della Basilica, nei suoi mosaici, e di Palazzo Ducale. Valgono una visita, come no, tra cripte, scalinate maestose, capitelli iconografici, immensi teleri. E poi il meritato riposo ai Giardini Reali, un’oasi di verde pubblico affacciata sul bacino di San Marco. Prima di salutare la piazza, è d’obbligo una visita al negozio Olivetti e un passaggio al Museo Correr, altro tuffo nella storia e nell’estetica di Venezia. Si va verso la chiesa Barocca di Santa Maria del Giglio e si affronta un lungo corridoio di boutique.
Superato lo shopping si entra nel settore più performativo del sestiere: cammineremo queste calli recandoci ad un concerto al Teatro La Fenice, cuore pulsante dove alla tradizione operistica si affianca una ricchissima programmazione nelle Sale Apollinee di musica classica e contemporanea. Lo stesso vale anche per il Teatro Goldoni, sempre a San Marco. E rieccoci in campo Santo Stefano, punto di accesso per il Conservatorio, per Palazzo Grassi e per il suo Teatrino progettato da Tadao Ando che ogni settimana propone eventi e ospita il meglio delle produzioni internazionali, con un occhio di riguardo alle avanguardie locali.
Che siate reduci da una seduta di shopping compulsivo nelle migliori boutique, da una rassegna di film d’artista al teatrino, da una traviata alla Fenice, da un concerto al teatro Goldoni, non rimane che tuffarsi ancora nella nuova Terrazza Aperol. Si tratta di uno dei primi locali che ha scelto di scommettere ancora su Venezia, dopo l’annus horribilis della pandemia. Il nuovissimo locale di campo Santo Stefano è adatto per il post, ma anche per il pre: nel menu si trova anche l’immancabile “baccalà mantecato”, 100% Venezia, e qualche chicca, come il carpaccio di ricciola con crema di avocado e capperi, i maccheroni con le seppie “in tecia” e i moscardini in umido.
Se le suggestioni che vi ha regalato questa scorribanda nel salotto buono della città rimandano spesso alle influenze orientali nella storia antica della Serenissima, è da sapere che per lo spritz che state gustando sotto alla statua di Niccolò Tommaseo, letterato e patriota nato dall’altra parte del mare Adriatico, bisogna ringraziare gli austriaci (che, per la cronaca lo arrestarono nel 1847). Erano proprio le truppe dell’impero asburgico, durante il loro dominio nella prima metà dell’800, a chiedere che il vino bianco venisse allungato con l’acqua frizzante. In tedesco “spritzen” significa spruzzare e per antonomasia il gesto divenne l’oggetto stesso della richiesta. Ma non diamo agli “invasori” la soddisfazione di aver inventato quest’usanza: l’aggiunta dell’Aperol e degli altri bitter, in realtà arriva dopo, nei primi decenni del ‘900. Lo spritz è nostro, come le briccole, come il vetro di Murano (elementi scelti per caratterizzare l’ambiente del locale) e come il leone di San Marco è nel nostro dna. Turisti per un giorno, sì, ma preparati.