«Tutto si può fare, e se non sappiamo come si fa lo scopriamo». Tra i numerosi e concretissimi spunti di riflessione (e azione) contenuti nelle righe che seguono, è forse questa la frase che nella maniera più immediata sintetizza i motivi per cui il collettivo Misto Mame e il suo più ampio orizzonte/canone sonoro ed estetico New Weird Italia sono l’espressione artistica più fresca e meno allineata nata a Roma e in Italia negli ultimi anni. Un collettivo espanso a metà tra empirismo e utopia dove l’attitudine al DIY e alla sperimentazione, la contaminazione tra diversi linguaggi e l’ironia, l’apertura a tutte le possibilità del reale e della condivisione sono “solo” la punta dell’iceberg di una piccola e importantissima rivoluzione culturale in atto. Quella su cui puntare, per intenderci, per scongiurare la possibilità che il futuro della musica e della produzione artistica si riducano a un loop infinito di dirette social, “distrazione organizzata” varia ed eventuale e dischi tutti uguali.
In termini di evoluzione e consapevolezza, la New Weird Italia come movimento e Misto Mame come luogo fisico delle sue “operazioni” romane – l’appartamento, ormai mitico, a San Lorenzo – hanno di gran lunga superato anche la capacità di individuare o produrre singoli fenomeni o outsider della musica contemporanea (Pufuleti, che li ha resi noti a livello più emerso anche fuori dal GRA, ma pure lo stesso Frank Brait, tra i primi fondatori del collettivo), per abbracciare una visione molto più ampia, a lungo termine, “diacronica e contestualizzata” che continua a sparigliare generi musicali e formati, convenzioni e costrizioni relazionali e produttive. Un’attitudine che rifiuta nettamente alcuni tratti caratteristici del nostro tempo – omologazione, egocentrismo e repentini cali di attenzione – ma contemporaneamente capace di attraversare tutte le possibilità del presente, espandendosi nel tempo e nello spazio, guardando con fiducia al futuro e alle relazioni umane. Ora che ormai sono tra le “giovani realtà underground” della penisola a cui guardare con attenzione, in occasione del loro compleanno (tradizionalmente festeggiato ad aprile con una compilation e vari eventi) abbiamo provato a fare il punto su quello che è stato il percorso e le linee di continuità/discontinuità del movimento e del collettivo e sulle numerose attività che – nonostante l’impossibilità di fare concerti – li stanno coinvolgendo. Le autoproduzioni editoriali e i dischi (significativo e rappresentativo l’oggetto-manifesto appena uscito OHNE), ma anche la più giovane etichetta Riforma, le dirette con la radio 00185fm che culmineranno con una maratona di 36 ore e le relazioni con realtà affini in Italia e non solo. Una lunga intervista da leggere con calma, magari mentre aspettate che bolla l’acqua per la pasta.
Prima dei dischi, degli happening e delle "pasta performance": da quale spinta iniziale sono nati Misto Mame e New Weird Italia?
NEW WEIRD ITALIA: Si tratta di tanti percorsi diversi e molto lunghi, che non si sono mossi solo nell’ambiente musicale: siamo tutte persone molto eclettiche ed è difficile riassumere un background collettivo senza essere superficiali. Citando qualcuno, ogni storia del genere “inizia sempre da una negazione” e da spinte che portano a emanciparsi. Volendo riassumere in maniera cruda, Misto Mame non era altro che una casa cadente in cui inizialmente vivevano quattro migranti – provenienti da Calabria, Campania, Piemonte e Siria – che in un modo o nell’altro sono fuggiti da diverse forme di oppressione e hanno deciso di sostenersi a vicenda. Anche le altre persone che vivono da oltre due anni nell’appartamento sono arrivate a Roma e a San Lorenzo da altri posti. L’incontro di queste storie diverse e dislocate è stata la spinta da cui è nato Misto Mame. Al di là di chi fa cosa, la dinamica è essenzialmente di scambio e movimento. Al contrario dell’evanescenza e della distrazione che disanima molte delle realtà che viviamo, Misto Mame si è posta per tutti come una zona di transizione che ha poi segnato le vite personali in maniera permanente. Questo atteggiamento, ci sembra aver avuto un eguale valore sia per chi di noi viene da Francia, Belgio o Siria, sia per chi di noi è di Roma, del sud o del nord Italia. All’opposto, fuori dall’appartamento era più semplice che ci scontrassimo con individualismo, vanità, pregiudizi e dinamiche che alimentano la ricerca di un tornaconto personale, atteggiamenti che inibiscono un libero fluire della vita. Molte delle persone che sono passate per Misto Mame e che vi sono volute rimanere non erano condizionate dal senso di competizione o da quella malcelata bramosia di successo che invece si era magari incontrata prima in altre dimensioni – fosse negli studi, nel lavoro o nell’intrattenimento. In generale è come se si fosse arrivati tutt* da situazioni che stavano “strette”, per poi cambiare prospettiva insieme, senza essere esenti da difficoltà, con il risultato di raggiungere una visione differente del mondo e del suo – ma anche del nostro – futuro. Più che narrare dettagli o episodi personali ci teniamo a sottolineare questa comune origine da una migrazione, cioè un movimento “verso” o “da”, e dalla ricerca di una postura diversa, di uno spiazzamento ostinato e molto spesso situazionista.
A questo punto è già il momento di fare una distinzione sostanziale, ovvero quella tra Misto Mame e New Weird Italia. Raccontateci la genesi e la differenza tra le due espressioni.
La prima persona a chiamare l’appartamento con il nome del collettivo è stata Bob Hermit. All’epoca, il suo era il secondo corpo a dormire sul divano della cucina, alternandosi con Carlo Martinelli. Dopo qualche giorno gli è venuto naturale iniziare a dire «Ao, sto a venì a Misto Mame». Da quel momento tutt* lo dicevamo, lo si diceva, lo si chiamava, quindi lo si creava. “Misto Mame” è strettamente legato a quell’appartamento e al cap 00185. Ricordiamo che Misto Mame è il nome di un partigiano albanese privato della vita dai fascisti italiani quand’era ancora giovanissimo – l’età di alcuni di noi agli albori del collettivo. La dinamica invece de-localizzata è la – e non “il” – New Weird Italia. Se vuoi è macro-genere musicale, se vuoi è macro-canone estetico, se vuoi è una varietà culinaria ma di sicuro non è propriamente Misto Mame. New Weird Italia è stata inizialmente un’espressione di un certo modo indefinito di disarticolare generi, tradizioni e ispirazioni in una forma ambigua ma comprensibile, pop. Si potrebbe dire che MM è una premessa della NWI, e come MM ci saranno altre entità e collettivi che potrebbero essere “conseguenze antecedenti” della NWI. Comunque con il venir meno della centralità dell’appartamento, NWI è diventato per noi un modo per riferirci alla comunità di persone coinvolte in questa forma vitale eterogenea, perciò meno legata a una questione prettamente musicale. Non è circoscritta all’Italia, in ogni dove assume nomi e volti nuovi, è la “roba strana” che appartiene all’essere umano da sempre.
Dagli albori del collettivo, intorno al 2017, a oggi quali sono stati i passaggi fondamentali, che hanno lasciato un segno, nell'evoluzione di Misto Mame e New Weird Italia?
In realtà, tutto ha avuto inizio dalla fine del 2015. Da allora a oggi i passaggi fondamentali sono stati davvero troppi e riguardano principalmente dinamiche tra persone – amicizie, disperazioni, amori, cene, contrasti, attriti, risate, sperimentazioni… Se vogliamo parlare di “scopo”, potremmo dire che questo è implicito e direttamente implicato nelle vite che percorriamo, questo è il motivo per cui non si può parlare di Misto Mame o della New Weird Italia come di “progetti”. Nell’evoluzione delle nostre vite – anche conseguentemente a quel che abbiamo chiamato Misto Mame – ci sono state circostanze speciali e momenti in cui è successo qualcosa. Per esempio durante i primi concerti organizzati in casa. Il primissimo con Mangiacassette, Serena Altavilla e Vacantze – che insieme erano i Solki, prodotti da IbexHouse di Silvia, Carla e Alessandro, e da pochi anni Renato – e quello subito dopo con Grimm Grimm, rispettivamente a maggio e luglio 2017. Cioè le prime volte che abbiamo deciso di condividere con altri un modo di trascorrere il tempo insieme, cercando di espanderlo in ogni modo, dandogli un senso che non fosse un semplice passare le ore e impegnandoci a viverlo rimanendo presenti e creando occasioni affinché si accendessero scintille casuali, minuscole o esplicite, tra persone e persone, o tra persone e qualcosa, magari un’attività, un metodo… Se avevamo l’occasione di viverla noi, questa qualità del tempo condiviso, sentivamo l’esigenza di condividerla con altre persone. Spesso tutto questo iniziava da una cena, il gesto assoluto: ci riuniamo e condividiamo del cibo, qualcun* condivide la sua ispirazione cucinando per gli altri e insieme assolviamo a una funzione fondamentale per il nostro organismo, aggiungendo però poi ingredienti critici, accendendo dinamiche di dissidenza e soprattutto consolidando legami. Il nostro “pasto nudo” – il momento in cui vedi ciò che è sulla forchetta prima che finisca in bocca – erano e sono la socialità e l’espansione delle possibilità di scelta. Avendo poi avuto per periodi l’occasione di ospitare a casa musicisti che ci piacevano, capitava che partissero dei mini concerti spontanei e allora abbiamo seguito l’impulso a non tenerli per noi ma a invitare altri soggetti a fruire. Forse è in questi momenti che si è definito l’approccio che guida le cose che facciamo ancora oggi.
Sempre considerando che Misto Mame e New Weird Italia sono corpi in trasformazione continua, qual è in termini di attitudine, visione, “obiettivi” concreti, il filo conduttore che fin dall'inizio ha reso Misto Mame qualcosa di coerente, il fil rouge che ha dato in qualche modo continuità a un contesto comunque eterogeneo e, come detto da voi stessi, a volte ambiguo?
Sicuramente quello che ci ha accomunato sono state una certa spontaneità e curiosità, un entusiasmo nello sperimentare, scoprire e aiutarsi. Più nello specifico si tratta di una forma di “attenzione”, una sensibilità che si sviluppa in un senso attivo di inclusione e proposta. Il tratto di continuità che riscontriamo col passare degli anni non è qualcosa di prestabilito che ci siamo imposti di seguire, non è quindi una continuità immobile o dovuta a emulazione reciproca, ma una sorta di continuità variegata, eterogenea al suo interno. Ognuno segue il suo percorso, ma ci sembra che il filo rosso sia una comune tensione opposta all’addomesticamento e all’omologazione culturale, una spinta a fare qualcosa mai per accondiscendenza e mettendosi in discussione per cercare di più, approfondendo quello che all’inizio nasce spontaneo. Rispetto a questo comune sentire, dall’inizio a oggi non è cambiato niente, eccetto per ovvie maturazioni personali, nuove relazioni e incontri. Essendo l’idea di Misto Mame una cosa reale e viva dentro di noi, non alla stregua di mode o necessità del mercato, non può “cambiare” col tempo. È qualcosa che ci guida dall’interno, pertanto non muterà finché le persone coinvolte desidereranno seguirla. Non è una questione di tradizione, ma di bisogni e sensibilità.
L'espressione New Weird Italia è formidabile perché riesce a rievocare tante cose insieme, sia l'aspetto popolare/folk ma anche una certa ironia. Ci raccontate come avete scelto questo nome e lo spirito che rappresenta questa espressione? Ad esempio, credo che le compile Primavera 00185 siano l'espressione più compiuta di questo orizzonte...
Il termine New Weird Italia è stato scelto da Frank, come al solito senza troppe premeditazioni. Crediamo nella spontaneità dell’atto e nella forza del suono: New Weird America = New Weird Italia… Possiamo usarlo, vogliamo usarlo! Oggi non solo esiste ma è una roba riconosciuta da più di 100 persone – al di fuori dell’appartamento. La nascita del termine e l’evoluzione del suo contenuto rispecchia l’attitudine NWI: tutto si può fare, e se non sappiamo come si fa lo scopriamo. Tutto, anche il senso, si costruisce con la presenza, cioè con l’attenzione posta nel qui e ora, nelle relazioni che si instaurano con l’ambiente e le persone che si hanno davanti volta per volta. In un certo senso è un continuo assumersi la responsabilità di come porsi, con la conseguenza ben immaginabile che non sia sempre facile. La cosa più interessante di tutte le compilation sono, dunque, i processi, cioè quello che abbiamo vissuto in quei periodi. Immagina delle passeggiate in casa: percorrere quei corridoi e trovare in cucina tre stronzi che registrano “Ho una banana nel cuore”. Poi passare oltre e sbirciare in camera di Frank e trovare due che fanno delle note a caso su una tastiera anni 80 e uno di questi (Vecchio Puorco) avvia un freestyle no-wave-concitato in cui rivela dettagli pesissimi della sua vita… Oppure di trovare gente che rilega una zine mentre dall’altro lato c’è uno che scolpisce dei feti di gesso mentre un’altra persona riempie dei sacchetti con del colore a tempera. Insomma ogni compilation ha le sue storie, le sue immagini, e un grosso bagaglio di eventi tra la sua gestazione e la sua nascita.
Dovendo fotografare Misto Mame / New Weird Italia ora, a che punto siete? Riusciamo anche a fare nomi e cognomi di chi fa parte ora del collettivo/piattaforma?
Non è necessario fare i cognomi e vorremmo evitare elenchi – ma volendo ce n’è uno un po’ strambo sul sito. Per il resto siamo in una fase lenta di cambiamento. Da un lato, dopo una prima serie di trasferimenti e spostamenti vari, stiamo trovando un equilibrio in pratiche più estese. Ognuno di noi sta mettendo a fuoco le proprie inclinazioni: c’è la radio, Riforma, il progetto di microedizioni (rilegature, progetti homemade, illustrazioni che da quest’estate inizieremo a sviluppare un po’ di più), le stampe di Asile185… Cose che ci permettono di continuare a declinare le nostre idee e pulsioni in diverse forme, progetti che sviluppano i semi presenti dall’origine. Ognun* lavorando sul proprio percorso incontra i binari degli altri. D’altro canto però a breve nessuna delle persone che hanno frequentato e abitato l’appartamento ci vivrà più. Alcuni di noi hanno cambiato città di residenza e altri la cambieranno prossimamente. Quel posto è stato un’incubatrice, un luogo dove, come a volte fortuitamente e fortunatamente accade, si sono incontrate persone con esigenze simili ma diversi linguaggi e che hanno fuso le proprie attitudini in un’unica direzione. Troveremo comunque nuovi luoghi fisici dove, appena sarà possibile, riprendere le attività mondane. Misto Mame non è composto da persone – né si limita alle mura di un appartamento – ma dalle relazioni tra queste persone, dai modi in cui possono trasformare la vita in un luogo, nella quotidianità di uno spazio condiviso… Questa è la chiave di lettura, l’energia che ci tiene legati.
"Contaminazione", delle pratiche, delle vedute, dei linguaggi, sembra una delle parole più adeguate per provare a descrivervi. Che ruolo/valore ha quest'espressione per voi, c'è una volontà di mescolare cose diverse, anche in termini sperimentali ed empirici e non solo di apertura mentale?
Sicuramente ogni incontro è stato uno scambio, una condivisione di conoscenze in maniera genuina. È una reazione alla distrazione e indifferenza generale di quei mondi sociali dominati dalla logica del profitto, che più che contaminare “assume”, “sussume”. Spesso è un tipo di intersezione che avviene con calma, opposta all’overload causato dai mezzi digitali. In alcuni casi, invece, è avvenuto improvvisamente – come è stato con Pufuleti e Devi Tensione, i Wackelkontact o con GattoDubbioso di Bari e Povera a Torino. Alla base del concetto di “contaminazione” vi è quel modo di stare insieme che ha costituito Misto Mame, perché abbiamo condiviso fin da subito principalmente la quotidianità: questo ha influenzato sia il modo di agire sia di portare avanti un fare artistico comune – non in termini tecnici, ma attitudinali. Cosa significa convivere è una riflessione che ci ha sempre accompagnati. Finora è stato per noi sinonimo di contaminazione, che ha trovato luogo sia nella nostra vita quotidiana sia nelle esternazioni espressive e creative.
Lo spirito DIY pervade tutta la vostra attività, sia nella produzione di supporti, sia nell'organizzazione di eventi, sia nell'approccio con la radio e, non in ultimo, anche nella comunicazione. In che modo vi sembra che sia ancora attuale e funzionale come metodo/approccio, che sia quello “giusto” in questo momento storico sia relativamente per voi, sia forse anche in senso assoluto vedendo un po' le realtà con cui vi relazionate?
DIY è innanzitutto un istinto e una necessità – non per forza economica. In questo processo, innescato dalla decisione di fare una cosa “da soli”, ci si apre alla comprensione di ciò che si sta creando e soprattutto alla sua evoluzione inaspettata durante la sua attuazione. La validità dell’approccio DIY sta nella potenzialità che ha di renderci persone attive: è un antidoto alla passività o al senso di impotenza che può pervadere fino a bloccare ogni impulso espressivo. Non si tratta di fare le cose con superficialità o per passare del tempo. Al contrario, il valore è nel percorso di scoperta e di studio che comporta, nel fatto che anzitutto si attivano delle risorse non solo pratiche ma anche sociali e metacognitive che permettono di capire come emanciparsi dal “non posso farlo” o “non so come si fa”. DIY vuol dire riconquistare l’uso che facciamo degli oggetti e del modo di vivere le situazioni. Nella realtà “distratta” siamo sempre più messi a confronto solamente con il risultato di una filiera fittiziamente smaterializzata e consumistica. “Farsi le cose da sé”, invece, è un’attività di contrapposizione, giustapposizione, rifiuto e comprensione: io non ho bisogno di questo servizio o prodotto – che spesso sono solo simulacri di sfruttamento, lucro, inquinamento… È anche un gesto propositivo di riappropriazione: posso farlo da solo, con le persone con cui sto condividendo lo spazio che mi circonda. È una pratica disciplinata in cui si risalgono i rapporti di potere e le tensioni che attraversano tutto – dagli oggetti sonori a quelli visuali, dalla distribuzione all’aggregazione. In certi casi mettere su qualcosa da soli è più faticoso, più lento, più esposto all’imprecisione e all’errore, più esposto alla “dissonanza”. Il costruito-da-sé può discostarsi anche molto da quello che in generale “altri” si aspettano che una cosa dovrebbe essere. Mettendo in discussione gli standard si può anche scegliere di agire in modi differenti in base alla propria condizione concreta o la propria sensibilità. Oggi so fare questo e faccio questo, domani saprò di più e se vorrò farò di più, oppure farò di meno. In ogni caso lo decido “io”, perché mi sto riappropriando del processo di produzione, del tempo e dei costi materiali di un’attività o di un prodotto che scelgo di realizzare. È anche in questo tipo di approcci che si sperimenta il valore della collaborazione e dello scambio di conoscenze, in quanto si scopre che fare qualcosa completamente da soli è illusorio e fuorviante. Questo si applica anche alla produzione musicale di molti di noi e all’utilizzo di mezzi e strumenti in modo “improprio”. Per quanto riguarda la radio, ad esempio, stiamo cercando di trasmettere in streaming con un server autonomo. Anche per le pubblicazioni musicali vogliamo svincolarci dalle piattaforme digitali – sì, anche da Bandcamp. Per la creazione di strumenti e altre cose più “concrete” – come quelle che costruisce NO-FI MILITIA – l’approccio è lo stesso, che sia hackerare un registratore a cassette, ideare una qualche macchina elettronica a partire dall’idea di qualcun* di noi o costruire telai per rilegare pubblicazioni. Uno dei punti positivi della crisi che stiamo attraversando è che ci spinge moltissimo a stare in contatto con il nostro presente, con quello che possiamo fare noi, con le nostre mani, il nostro corpo, a riappropriarci del nostro tempo e riconnetterci con la spontaneità. Questa cosa non può cambiare e non può essere una moda, è una necessità… come pensare o deglutire. Per noi non è “funzionale”: Misto Mame e la New Weird Italia potrebbero smettere di condividere quello che fanno oggi stesso, non è importante.
In Misto Mame/New Weird Italia analogico e digitale, passato e futuro convivono. È un aspetto a cui tenete particolarmente, ragionato, a cui fate attenzione?
Più che passato e futuro, c’è un modo diacronico e contestualizzato nel fare le scelte. Ci sono dei supporti strumentali ai contenuti veicolati e che a volte diventano essi stessi dei contenuti. Lo strumento esprime una relazione e la condiziona allo stesso tempo, quindi il discorso si fa complesso e variegato. Parlando a livello tecnico però, per noi le cassette e le pubblicazioni cartacee esprimono la necessità di una pratica economico-produttiva “onesta”, o meglio sincera: costano poco, sono riproducibili e manipolabili – sovraincidibili addirittura – o fotocopiabili: piratabili, piratateci tutto. E poi la cosa più magica di tutte: col tempo si usurano. L’obsolescenza nel contemporaneo ha un valore nel momento in cui viene estetizzata – e usata – al di fuori dei canali virtuali associati alle grandi aziende; con le cassette questa cosa è inevitabilmente un’opera d’arte. Comunque passiamo continuamente da digitale ad analogico, anche perché pur considerando tutte le specificità di ciascun approccio, non li concepiamo come due mondi separati: spesso l’uno aiuta a relazionarsi con l’altro. Non percepiamo l’avvento del digitale come la punta di un progresso lineare che spazza via tutto quello che c’è stato prima. Le tecniche e gli strumenti convivono orizzontalmente, o tutt’al più come su una spirale che si può percorrere nella direzione che si vuole. Sia per la musica sia per le immagini ogni approccio ha i suoi tempi, a volte una tecnica digitale può richiedere molto più lavoro rispetto a una analogica, a volte il contrario. A volte è prioritario il contatto fisico con degli oggetti o degli strumenti per innescare un processo creativo, altre volte le potenzialità del digitale permettono di imbattersi in forme non immaginate prima. È bello esplorare quelle che normalmente potrebbero considerarsi delle limitazioni, sia nell’analogico che nel digitale, e chiedersi cosa potrebbero innescare. Un caso di controtendenza positiva è anche la rilegatura, a cui Giulia o Melodie si sono avvicinate. In questo caso più la si studia praticandola, più ci si rende conto di quanto il processo interamente artigianale che oggi in molti casi appare folle abbia un valore immenso per il tempo e la cura che richiede, per l’allenamento a percepire le singole parti costitutive di un oggetto che culturalmente diamo per scontato. Anche questo apparente stare “fuori dal tempo” è uno degli aspetti più stimolanti di alcuni approcci analogici. Comunque tutto suona, come tutto stampa, tutto scrive, tutto parla. Non c’è futuro, né presente, né passato: ci sono oggetti/soggetti e soggetti/viventi con cui entri in relazione, altri che invece sono scomparsi – o inaccessibili – e altri che devono ancora (av)venire.
Parlateci di Riforma. Quando è nata, perché, in che modo differisce da Misto Mame?
Riforma è nata durante lo scorso anno dalla necessità di aggregare un certo tipo di approccio al suono e, in generale, all’esprimersi. Si presenta come un catalogo di sonorità screw wave: roba che si avvita in loop su stessa ricampionandosi, “scavandosi” e usurandosi. Frank la chiama “one-sample theory”, una forma di esplorazione umile e anti-produttivistica che rielabora se stessa percorrendo una direzione quantistica – nel senso di esplorazione dei quanti. Anche con Riforma manteniamo un approccio fondamentalmente eterogeneo ma seguendo questo filo conduttore, sia come musica sia come ricerca visiva. Un esempio è l’oggetto-manifesto appena uscito: OHNE. È stata una speculazione sul concetto di “assenza”, l’interpretazione di uno scritto di M. Bavarov, e ne è conseguita una pubblicazione di artwork edito da NOT399093 e Lapo Sorride, con annesso split-album degli stessi autori – Lapo sotto il nome di Kinked – in cassetta. L’identità di Riforma prescinde dai limiti geografici, molti dei brani usciti finora – ad esempio i rework nel primo BATCH di 4 EP usciti a fine 2020 – e di quelli che pubblicheremo nel futuro prossimo sono prodotti da persone con cui abbiamo rapporti, sia fuori che dentro la penisola, o con cui percepiamo affinità di approcci musicali. Per il momento stiamo pubblicando su carta e su cassetta, ma vogliamo ampliare l’idea del supporto fisico passando dalla diffusione di oggetti a quella degli stessi strumenti DIY. Immagina di avere a disposizione oggetti e strumenti che ti permettano di manipolare e ricampionare l’album che hai acquistato! Un modo traslucido di coinvolgersi con la genesi e il processo creativo dell’album facendolo tuo, di tutti, di nessuno – trasformandolo in entità, forse anche cosciente.
Da quello che raccontate, oggi il celeberrimo appartamento sulla Tiburtina ha un valore quasi più simbolico che effettivo. In ogni caso, rispetto anche alla tendenza dell'ultimo anno che ha visto la dimensione più intima e raccolta come unica possibile almeno in termini fisici e "reali", avete sicuramente precorso i tempi. Per voi quali sono stati, a maggior ragione alla luce dell'anno appena trascorso, i punti di forza nell'aver creato un vostro spazio libero e concreto di confronto? Ci sono state, all'opposto, anche delle limitazioni?
Da questo punto di vista, l’appartamento è stato un parametro fondamentale per commisurare le cose che facevamo ed è anche uno dei motivi dell’implosione e dei trasferimenti dello scorso anno. Comunque questa riconquista dell’intimità ci ha fatto capire che agire insieme in uno spazio richiede presenza e costante auto-riflessione. Abbiamo capito che è possibile e che abbiamo la necessità di continuare a farlo, di essere presenti in quello che si fa insieme agli altri. Astraendo(ci) un po’ è come l’altro lato (della medaglia) della biopolitica: più si cerca di pervadere e irrigidire, controllare e capitalizzare il privato, la vita interpersonale, la conoscenza, più al contrario diventa importante ripartire dalle case, dagli appartamenti e dai condomini. Il tipo di intimità che può crearsi in un appartamento così è sicuramente diverso da quello solito – forse più associato allo spazio privato della casa borghese o della stanza del fuorisede; è, invece, uno spazio intimo perché ci si può comportare sinceramente e liberamente, ma non è privato perché è costantemente eccitato dalla presenza di una collettività. Ciascuno ha un ricordo ben preciso, una fotografia del momento in cui è entrato per la prima volta in questo appartamento, ma ogni cosa si evolve, varia… E ci freme dentro, ci addolcisce, ci emancipa.
Che tipo di rapporto avete con la comunicazione con l'esterno e con i social media? Sentite di avere un po' un linguaggio vostro?
Molti di noi personalmente sentono parecchio il peso dell’omologazione agli standard promozionali: è un senso di costrizione, un prurito insopprimibile. Per aggirare questa sensazione ci mettiamo un po’ di ironia, inventando parole o costruendo frasi flusso che non si prendano troppo sul serio. Certo alle volte ci sta il rischio di comunicare cose non molto comprensibili… E questa è la parte più divertente! La realtà non è mica così trasparente! La mediazione definitiva delle aziende-socialnetwork è monopolizzante, perché appare come indispensabile: ma questa è una stronzata eclatante. Tutt’ora li usiamo – quindi questa è anche un’autocritica –, ma pensiamo sia meglio abbandonarli gradualmente perché instaurano dinamiche personali e collettive malsane, sono orientati al profitto e allo sfruttamento e riducono quello che si fa a una mera dimostrazione estetico-percettiva. Quel che c’è di positivo appartiene all’internet libero, che esiste malgrado i social – ma è sempre più messo alle strette dalla privatizzazione. Lo scambio e l’interazione fanno parte delle dinamiche sociali, d’altronde l’equivalenza tra digitale e virtuale non è più tanto esatta… Non è una quarta dimensione, ma un’estensione tecnica e percettiva di qualcosa che c’è, esiste intorno/dentro/ovunque. Perdonateci le ovvietà, naturalmente siamo immersi nelle contraddizioni di questa fetta di mondo, ma forse su alcune di queste a livello micro-collettivo potremmo iniziare a comportarci in maniera diversa, a mettere in discussione i nostri bisogni e pensare a strumenti e canali alternativi. Nulla di nuovo, insomma.
C'è da immaginare che l'appartamento sia lì in primo luogo per questioni di comodità universitaria, ma alla fine non vi siete mai spostati, l'headquarter è rimasto a San Lorenzo. Che rapporto avete con il quartiere, lo sentite un territorio accogliente? Ci sono delle realtà che seguite, degli spazi che frequentate, insomma che legame avete con quella zona di Roma?
In realtà, se pensiamo a Misto Mame, la posizione della casa ha/aveva a che fare con il carattere socialmente variegato e in un certo senso accogliente del quartiere, più che con la vicinanza all’università. Alcuni frequentavano corsi di studi, altri ne erano totalmente estranei. Anche ciò che avveniva a Misto Mame non aveva a che fare con la vita sociale tra studenti, anzi per molti di noi è stato un modo per uscire dalle dinamiche sociali universitarie, che spesso corrispondevano a incontri casuali e senza evoluzioni. Il legame con il quartiere è rimasto perché ci siamo sentiti a nostro agio tra le sue strade. Non saremmo potuti stare in un qualsiasi quartiere rigorosamente residenziale o anonimo, per il semplice fatto che uscire di casa e non sentirsi fuori luogo tra i passanti è un aspetto per niente secondario nella vita di un* cittadin*. San Lorenzo è abituato alla diversità e alla tolleranza, per quanto negli ultimi anni stia subendo un processo di gentrificazione che preoccupa un po’ anche l’idea di “decoro” reazionaria che si porta appresso. Anche la movida notturna fine a sé stessa non è mai stata prioritaria, ma ci siamo molto affezionati all’atmosfera raccolta e allo stesso tempo aperta che si crea(va) nelle sue piazze e che caratterizza il quartiere. La nostra “vita di quartiere” è sempre stata molto legata più che altro ai piccoli bar, alle librerie e alle trattorie. Infine, la vicinanza al Pigneto è stata decisiva, forse perché ci piace restare “vicino a”, ma non proprio “al centro di”.
Uscendo dal quartiere, ci sono delle altre realtà romane che sentite affini a voi? E perché?
Roma è molto cambiata negli ultimi anni ed è sempre più stantia, sempre più posti chiudono e la proposta è sempre più orientata al commercio e al consumo, in maniera comunque scadente e corrotta. Detto questo, ci troviamo a nostro agio e ci sentiamo vicini al Fanfulla e al tessuto socioculturale – se così si può dire – di Roma Est. È sempre stata un’ispirazione, un catalizzatore di novità. Oltre all’attenzione sulla musica e il suono, in generale il modo di stare in un luogo e insieme alle altre persone, di creare continuamente una proposta spiazzante e non scontata, determinata e aperta, è qualcosa di molto raro. Il Fanfulla è custode di questa modalità, è un patrimonio comunitario non indifferente.
E, come in realtà già avete anticipato, fuori dall'Italia ci sono delle realtà con cui vi sentite affini o che sono state di ispirazione per voi?
Siamo sempre stati spontaneamente molto in contatto con realtà extra-italiane, non è tanto una questione di paragoni ma di scambio e insegnamento reciproco. Il riflesso che troviamo in molte realtà sta più in questo. Misto Mame è mutevole grazie agli incontri e agli scambi con l’esterno: invitare qualcuno ha un impatto personale sia per chi fruisce un concerto o chi esperisce direttamente una cena; aiuta ad aprirsi a una proposta eclettica in un paesaggio culturale blindato. Tra le realtà che ci stanno a cuore sicuramente c’è NGHE di Bruxelles: una mediateca piena di cassette, vinili, cd e zine, messa su da un gruppo eterogeneo di persone calorosissime e accoglienti; quando li abbiamo conosciuti a Bruxelles ci ha molto colpito l’affinità con il loro approccio, con lo spirito di condivisione e accoglienza informale, la percezione della dimensione musicale come qualcosa di intimo e libero. Oltre a raccogliere e condividere musica incredibile da tutto il mondo, hanno anche una radio e organizzano concerti – anche lì dentro. Questo, ad esempio, ci ha ispirato per la nascita di 00185fm. E poi l’universo che gravita intorno a Bristol – Noods Radio, Rewind Forward, Avon Terror, Young Echo, Bokeh e tutto il resto – è una continua fonte di ispirazione, sia nel modo di lavorare sul suono, sui dischi, sulla distribuzione sia per la qualità dell’intreccio tra eterogeneità e località, comunità e necessità. Anche il collettivo Matrijarsija di Belgrado e il luogo dove organizzano concerti, MKC Kombinat, risuonano molto con quello che facciamo, per l’entusiasmo e la partecipazione viva e familiare. Quando Francesca e Adriano (Altrimenti) sono stati a suonare da loro un paio d’anni fa, dopo il concerto si sono ritrovati nell’appartamento-base del collettivo che sembrava una versione serba di Misto Mame. Infine Wedidit, di Shlohmo, è una realtà alla quale l’ambiente ambiguo-divertito dello storico musicale Misto Mame si sente affine. Purtroppo è davvero troppo lontana per riuscire a stringere legami sinceri, e non ci siamo mai sentiti di contattarli attraverso i social perché sappiamo che persone come noi possono approcciare persone come loro solo con un piatto di pasta incredibile.
La primavera sembra essere la vostra stagione e già da marzo avete cominciato a pubblicare un sacco di release, ci fate un riassunto delle uscite appena passate e venture?
A marzo sono uscite tante cose. I “Morning Mixtape” della radio – delle cassette curate da Dottor Pira ed Equohm, una serie di stampe che abbiamo avviato anche per finanziare un po’ 00185fm -, il “Manifesto dell’Informazione Ritardata” di Soundof???Repubblica e FIGLIA, un debutto iconoclasta e antiedipico di PADRE e la release hardcore-economy degli INDIFESI. Il 19 aprile abbiamo pubblicato OHNE, di cui abbiamo parlato sopra, mentre nelle prossime settimane, per celebrare la primavera00185, uscirà il primo di tre volumi di NWI, ognuno dei quali composto da immagini e fotografie scattate in questi anni con diversi dispositivi. Il primo è composto solo dai frame delle riprese fatte con vhs/hi8, il secondo sarà con le foto rubate dai telefonini e il terzo solo con foto analogiche stampate dai rullini. Queste pubblicazioni sono co-prodotte con Asile185, lo spazio in continua mutazione e residenza di Frank/Lapo Sorride a Torino 10155, frutto ovviamente dell’approccio coltivato a Misto Mame. Asile farà uscire dei book di artista della scena weird torinese, con cui siamo entrati in relazione nell’ultimo anno. Mentre con Riforma abbiamo in cantiere tante release. Il 7 maggio, ad esempio, uscirà un repress su nastro del disco “Il tempio degli uomini granchio” di Mondoriviera, poi a giugno escono i KIJI – nuova ensemble parlamentare pronta a diventare classicone pre-2023 – e una riedizione di un album di FRNKBRT pubblicato nel 2019 da Misto Mame. E poi il mixtape di Aniello, che salutiamo!
Per quanto tendenzialmente imprevedibile, cosa ci dite del futuro di Misto Mame?
Come forse si evince anche delle risposte precedenti, gli ultimi anni sono stati animati da cambiamenti che a quanto pare non sono prossimi a finire. A settembre alcuni di noi andranno via da Roma. Chi in Svezia, chi in Belgio, altri a Torino – dove già stanno Frank, Paul Mellor, Max e altri amici e amiche. Sicuramente, ovunque saremo le nostre relazioni non si interromperanno, sia per continuare quel che già facciamo – che quindi per una parte si sposterà più decisamente a Torino – sia per iniziare a modo alcune attività di artigianato, legate a microedizioni, legatoria, pubblicazioni…
Chiudiamo invece con un ultimo tassello importante e più che presente, la radio della New Weird Italia, 00185fm. Negli ultimi mesi la maratona radiofonica, dall'appartamento o dal Fanfulla, è diventata un appuntamento fisso e quest'anno festeggerete il vostro compleanno ad aprile con un'edizione extra large delle trasmissioni, lunga ben 36 ore. Come costruite i palinsesti e che senso ha per voi creare questo flusso sonoro che di base è un collettore, un aggregatore di suoni provenienti anche dall'esterno e non qualcosa di limitatamente autoreferenziale?
00185fm trasmette da ottobre una volta al mese per tutto il giorno, per poter curare con attenzione il palinsesto ed evitare saturazioni inutili. Metà del palinsesto è periodico, cioè sono trasmissioni curate da noi seguendo contenuti, percorsi o formati più stabili, mentre l’altra metà è popolata amici, artisti e realtà che stimiamo. Sui mix cerchiamo di lasciare carta bianca, alla fine la selezione è la persona stessa, una volta che c’è l’incontro e l’idea di fare qualcosa per la radio, poi va tutto da sé. La strutturazione della giornata dipende da quello che abbiamo scelto, è ex post e per questo diventa automaticamente una sorta di festival, ogni volta molto sfaccettato, ma nel quale comunque cerchiamo di seguire un flusso che si sviluppa nella giornata. Ci piace molto il tipo di interazione che si crea con la radio, per cui sei presente ma non ingombrante: un po’ ti adatti in base agli orari, le giornate e i mood, ma puoi decidere di sperimentarci su e vedere che succede e come si reagisce. La radio è come un’estensione del lavoro intrapreso dalla New Weird Italia e ci porta a spingere i limiti spazio-temporali un po’ più in là, anche se ci piacerebbe ospitare dal vivo o in un appartamento molte delle persone che coinvolgiamo. Con 00185fm si può entrare in contatto con gruppi di Tel Aviv o Montreal, con artisti statunitensi, francesi, bulgari… E si crea un rapporto di scambio sviluppabile in una nuova intesa, in nuove proposte. Abbiamo avuto degli incontri con realtà molto diverse, anche sul punto di vista socio-politico, che rimane molto importante nel lavoro che proponiamo. Ci ha sempre interessato molto capire la realtà sottostante alla politica, capire il perché qualcuno sta proponendo qualcosa, e questo ci fa riflettere sulla nostra posizione come persone. Ci interroga anche su quello che costruiamo. Cos’è scambiare? Cos’è dialogare? Cos’è entrare in contatto ed immergersi per un’ora in un’entità singolare? Come per un concerto, siamo testimoni di un one-shot dell’altro, di come si esprime… E proviamo ad essere il più recettivi, rispettosi ed aperti possibile. Il 29 e 30 aprile, per festeggiare il compleanno di Misto Mame, anziché la solita giostra di happening e concerti che abbiamo messo su negli scorsi anni – impossibili ora per via del Covid – abbiamo messo su un fitto programma di 36 ore nel quale trasmetteremo sia i programmi del palinsesto sia dei contributi appositi da alcune delle etichette e artisti che ci hanno ispirato in questi anni (Maple Death, Enmossed, Phinery, MIDI Fish, NO=FI Recordings etc…). QUI il programma completo della maratona.