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Claudio Angelilli

Una birra di quartiere per un birraio di quartiere. Intervista a Claudio Angelilli del Birstrò, che da novembre 2013 produce birra in quel di via de Magistris Luigi Filippo al Pigneto.

Scritto da Nicola Gerundino il 21 settembre 2015
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Foto di Giovanni Nuccetelli

Birra a km 0,005, vale a dire: il tuo vicino di tavolo al Birstrò è l’impianto che produce la birra che stai sorseggiando tra un boccone e l’altro. Questa è metà della filosofia di questo brewpub di quartiere, che ha aperto i battenti circa due anni fa al Pigneto. L’altra metà dell’impianto teorico è affiancare alla birra auto-prodotta cibi di qualità preparati da uno chef, unendo gastronomia da pub a classici rivisitati della tradizione romana. Destino a voluto che birraio e cuoco fossero due fratelli: Claudio e Danilo Angelilli. Abbiamo intervistato il primo, parlando anche del secondo.

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Il Birstrò visto dall’esterno.

Zero: Iniziamo dalle presentazioni
Claudio Angelilli: Mi chiamo Claudio Angelilli e sono nato a Roma il 11/05/1982.

Quando hai iniziato ad appassionarti al cibo?
In età adolescenziale ho incominciato a farmi le prime domande, a non essere indifferente alla qualità e alla tradizione gastronomica. Avendo per natura uno spirito critico e polemico, soprattutto verso chi vende prodotti solo per convenienza economica, tralasciando la passione come valore fondamentale.

Quando, invece, al mondo della birra artigianale?
Più o meno lo stesso periodo. Passate le prime sbronze di carattere “commerciale”, ho incominciato una lenta ricerca che mi ha portato alla mia professione attuale, passando da consumatore a frequentatore di beershop, da gestore di beershop a homebrewer a, infine, birraio di una piccolo birrificio di quartiere.

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Claudio al lavoro durante una cotta di birra. Foto di Giovanni Nuccetelli.

Quando hai capito (e deciso) che questi due mondi sarebbero diventati la tua professione?
Quando la mia passione per la birra si è incontrata con la passione per la cucina di mio fratello. Parliamo all’incirca del 2010 quando era attivo il beershop e la pizzeria Angelilli.

Puoi raccontarci la storia del Birstrò?
È nato nel novembre del 2013, da un’intuizione mia e di mio fratello. Prima di aprire abbiamo passato un anno sabbatico in cerca di ispirazione e formazione. Io approfondivo gli studi birrai e l’attività di homebrewer, mio fratello affiancava lo chef stellato Salvatore Tassa nel suo ristorante di Acuto, apprendendo tecniche e sviluppando idee gastronomiche. Alla fine di questo periodo, il progetto e la realizzazione di un b&b, brewpub& bistrot, si è composta naturalmente.

Parlando della caratteristica principale del Birstrò, quanto impegno comporta produrre la propria birra?
Potrei rispondere in maniera economica. Anziché vendere la birra degli altri hai bisogno di una buona porzione di locale destinato alla produzione e sottratto alla rivendita. Per il resto è un’attività artigianale a tutti gli effetti, che necessità cura e passione: più ne metti, migliore sarà il prodotto. Necessita, infine, di un birraio e qui entra in scena il sottoscritto. Non ho bisogno di altri “aiutanti” essenzialmente perché non imbottiglio e non distribuisco all’esterno del locale. Tutta la produzione è destinata al consumo degli avventori del Birstrò.

Ogni quanto ne produci una nuova? Proponi nella carta tutte le birre che producete o solo alcune?
Abbiamo due birre fisse, le colonne portanti della nostra offerta, che sono la Prima, una golden ale, e la Pigneta, una I.P.A. alla romana. Per il resto produciamo altre due birre a rotazione. Quindi, da una parte la certezza di una produzione stabile, dall’altra la sorpresa della produzione stagionale e legata all’estro del momento.

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Una Pigneta in primo piano.

Chi sono i tuoi fornitori di materie prime per la produzione della birra?
Sia aziende italiane che tedesche, inglesi, americane, belghe. L’universo è piuttosto variegato.

Dove si comprano le attrezzature per fare la birra? Ci sono ditte italiane che le vendono?
Sì, ormai l’Italia è diventata, sia per produzione che consumo, uno dei paesi più importanti nel settore della birra artigianale. Di conseguenza l’anello produttivo ha investito anche quello della progettazione e realizzazione di impianti per fare la birra. Ormai ci sono aziende operative da diversi anni e molto affidabili.

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L’impianto del Birstrò

Hai mai pensato di imbottigliare e distribuire la tua birra?
No, perché la filosofia dell’attività, vincolata ormai dalla capacità dell’impianto e dagli spazi a disposizione, non permette né di imbottigliare né di distribuire all’esterno.

La birra migliore che fin’ora hai prodotto a tuo giudizio qual’è?
Beh la risposta non può che essere: «Difficile dirlo..». Posso dire quella che ha più successo: la Pigneta, che un po’ ambisce anche a essere la birra del quartiere.

Ce n’è una che non leveresti mai dalla carta?
Certamente le birre stabili, in quanto stabili, sono intoccabili. Prima e Pigneta quindi.

Quali sono i tuoi birrifici italiani preferiti?
Provo a dirne qualcuno, ma potrei scordarmene altri ugualmente importanti. Il Birrone, Birrificio Italiano, Extraomnes, Birrificio del Ducato, Toccalmatto.

Roma ha un’offerta molto ricca per quello che riguarda il mondo dell’artigianale: l’autoproduzione di birra è un modo per distinguersi ed emergere? Pensi che in futuro apriranno sempre più locali simili al Birstrò o meno?
Sicuramente è un modo per distinguersi, ma più che altro la mia intenzione era quella di riportare l’attività di botteghe artigianali al centro dei flussi di consumo, troppo spesso disinteressati dalla manualità, dalla qualità, dalla passione, dalla genuinità, dalla sostenibilità e attratti, invece, da componenti come pubblicità, celebrità e grandezza, che ritengo effimeri e fuorvianti. Allo stesso modo, la filosofia di produzione e distribuzione immediata, a km 0,005, punta a costruire un ponte ideale tra metropoli e campagna, dove vengono coltivate le materie prime, malto e luppoli e dove vengono direttamente lavorate.

Non solo penso che apriranno sempre più locali come il Birstrò, ma sarei particolarmente contento di aver influito in qualche modo in questo senso. C’è molto spazio di erosione nei confronti della birra commerciale e della grande distribuzione.

Quali sono stati i tuoi pub di riferimento per la birra artigianale qui a Roma?
Mastro Titta, Stavio, Serpente, Ma Che Siete Venuti a Fa’, Wench… Sono tantissimi, Roma è la capitale europea della birra artigianale, ogni Pub ormai, anche il più sconosciuto, ne vende una.

Che birre avrete per questo inverno e quale consiglieresti di assaggiare?
Sicuramente la Vaccilento, una collaboration brew con Maltolibero – birrificio del Vesuvio e il suo alter ego Inverno a Piazza Vittorio. Sono entrambe birre natalizie con aggiunta di fichi secchi. La prima con fichi secchi bianchi.

E da mangiare, cosa ci sarà?
Il menu cerca di unire elementi della tradizione romana alla cucina tipicamente abbinata alla birra, fino alle nuove tendenze del food come panini gourmet oppure ottime carni cucinate alla maniera americana. Nostrano e new wave, tradizione e tendenza.

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I cucinieri del Birstrò

Ci dici un bar e un ristorante di Roma dove ti piace andare quando non sei al lavoro?
Dal Bar Marani allo Yeah!, dal veGusta a Fernanda.

Ci dai un consiglio per riprendersi da una sbornia da birra?
Bere un’altra birra!