Ron è piccolo piccolo dietro la consolle del Cielo, NY. È una notte d’inverno del 2005 e lui sta aprendo la serata di François Kevorkian con una godibilissima sequela di funk su un quattro quarti che vibra deciso. La pista di quello che più che un club sembra uno chalet di montagna si va a riempire in un battito di ciglia. Ron, maestro dell’equalizzatore, alza e abbassa il volume sugli stacchi del beat e fa dondolare le treccine dei capelli a ritmo. Sul dancefloor tra i tanti c’è un giapponese in camicia a fiori che ondeggia a occhi chiusi, una ragazza bionda con le cuffie balla in punta di pattini, c’e’ l’ovvio turista e due omaccioni neri che si baciano con passione. Per la prima volta lì ho capito che il “get together” non è un cliché, o un impulso estintosi con la fine dell’età dorata della house music. E mentre fuori, nel Meatpacking district, nevica, dentro il club c’è euforia, sudore e sorrisi. Tornando ad oggi, sarà curioso notare come reagirà il pubblico del Dude al passaggio Ron-Rødhåd, con il secondo che alzerà il pitch e i bassi per accomodare la sua techno di loop cupi ed ipnotici. Il popolare boss di Dystopian ha abbandonato da tempo la malinconia degli esordi e promette di non rovinarci la festa. Anzi.
Ron Trent + Rødhåd
10/10/2014, Dude, Via Plezzo 16, Milano
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