Ho sempre ammirato Christopher Kirkley, ricercatore musicale che si definisce “gentleman explorer/music archivist/artist/curator/occasional dj” – nonché fondatore di una delle label più interessanti degli ultimi anni: Sahel Sounds. Kirkley è uno di quei "digger" che dedicano la propria vita alla ricerca di perle musicali del continente africano; da buon antropologo, ha scelto un preciso territorio d’azione: la regione del Sahel, a cavallo tra Mauritania, Mali e Niger. Lo ammiro perché, a differenza di molti colleghi, non si limita a stanare successi musicali della golden era dell’afrofunk, ma si concentra sulla situazione contemporanea, analizzando gli effetti che le tecnologie hanno sui generi musicali in Africa. Mdou Moctar è una delle sue più fruttuose scoperte: un chitarrista Tuareg originario di Abalak, Niger, che, attraverso un uso improprio e creativo dell’auto-tune, ha riletto la tradizione chitarristica della regione proiettandola verso il futuro. Kirkley lo incluse già nella prima edizione di “Music from Sahran Cellphones” (2011) – raccolta di brani setacciati dalle memory card dei cellulari, principale metodo di distribuzione musicale nel Sahel – e da lì pubblico due album, “Afelan” (2013) e il recente “Anar”. Vederlo dal vivo è quasi d’obbligo e sappiate anche che è imminente il suo debutto alla regia con il primo film del mondo in lingua Tuareg.
Mdou Moctar
17/11/2014, Viafarini c/o La Fabbrica del Vapore, Via G. Procaccini 4, Milano
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