Suonano lo stesso brano ma ognuno muove la testa in maniera diversa sullo sfondo dei grattacieli. Si appoggiano ai loro strumenti e sono giovanissimi. Sono i partecipanti alle Lezioni Aperte delle Masterclass Accademia Abbado – Professore d’Orchestra, un programma di formazione della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado che, ospitato da Volvo Studio Milano, mette in contatto strumentisti emergenti con le prime parti delle più importanti orchestre internazionali. Mensilmente il programma fa capo a un grande maestro della musica da sala – uno per ogni strumento – che accompagna i gruppi di musicisti selezionati tramite open call. Il mese scorso si era trattato del violinista Mikhail Kopelman e partecipavano non solo gli studenti della Civica, ma anche gli allievi del Conservatorio di Milano e di altre realtà cittadine. Il primo ciclo si era invece svolto a marzo e aveva coinvolto il violoncellista Ludwig Quandt e il violinista Daniel Strabawa della Berliner Philharmoniker. Come fosse «un cantiere musicale aperto alla città» la cittadinanza tutta è invitata ad assistere ai tre giorni di formazione, e i workshop si concludono con dei concerti gratuiti per il pubblico di Volvo Studio Milano.

 

Roberto Favaro, direttore della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado ma anche musicologo, saggista e docente universitario, mi ha raccontato come nasce il progetto delle Masterclass Accademia Abbado. Accettato nel 2020 l’incarico come direttore dell’istituto musicale milanese fondato nel 1862, Favaro da subito aveva chiarito che avrebbe cercato di sviluppare nuovi percorsi di ricerca per la Civica, puntando sull’interdisciplinarietà e sulla metamorfosi, costruendo delle relazioni più strette e continuate con le istituzioni culturali del territorio. Le Masterclass fanno parte di questo ampliamento: di palchi e di orizzonti, ma anche di modi di fare formazione e di condurre l’insegnamento musicale. Scordiamoci i vecchi solfeggi impolverati, le pacche sulla nuca e l’inaccessibilità dei conservatori. Gli stili si mescolano, le persone non sono mai state così diverse, i generi e i temi sono variopinti e scuole di musica dal retaggio secolare, come la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado, portano avanti l’innovazione.

Portare la musica classica e l’apprendimento altrove, in un posto «anomalo» e, perciò, in proporzione più arricchente, lontano dalle sale da concerto tradizionali.

Con la preziosa collaborazione di Volvo Studio Milano, sotto la direzione di Chiara Angeli, le Masterclass Accademia Abbado – Professore d’Orchestra desiderano dare risposte e opportunità ai giovani talenti, proponendo occasioni di perfezionamento musicale. Le due realtà e i suoi direttori si sono trovati d’accordo sulla voglia di superare i pregiudizi sui luoghi preposti all’arte: portare la musica classica e l’apprendimento altrove, in un posto «anomalo» e, perciò, in proporzione più arricchente, lontano dalle sale da concerto tradizionali. Siamo di fronte a  una modalità nuova di fare formazione musicale in Italia, un tipo di apprendimento informale che rimanda a esperimenti olistici come quelli di John Cage e Merce Cunningham al Black Mountain College nel North Carolina.

I benefici per il pubblico e per i giovani strumentisti sono palpabili: la permeabilità di uno spazio informale come Volvo Studio pone i concerti nel presente della città, piuttosto che in un rarefatto altrove da sala. I brani fanno da colonna sonora al film che accade tra le strade, al di là delle vetrate di Volvo Studio Milano. Favaro, per esempio, ricorda un uomo che, durante un concerto, scendeva le scalinate dei grattacieli che circondano Volvo, una «figura astratta che grazie alla presenza della musica diventava immediatamente una storia» riconoscibile, costruibile, inventabile. A terra, lontani dai piedistalli e dalle luci dei palchi, si sente il respiro degli strumentisti, si vedono le espressioni dei loro visi, le sfumature si sostituiscono alle sovrastrutture comportamentali.

Nelle sue lezioni sulle compenetrazioni tra musica e architettura Favaro cita spesso un brano tratto da Eupalinos o l’architetto dove Paul Valéry annota la musicalità dei diversi edifici che incontra lungo le sue passeggiate: pare che alcuni siano muti, che altri parlino e che altri ancora cantino. «Volvo Studio Milano di certo canta. È un contenitore strepitoso di vari livelli di musicalità. Per esempio, la colonna sonora del bar ha una sua ritmicità e una sua timbrica. L’architettura dello Studio con la sua sinuosità e le sue pareti curve crea un involucro armonico. E poi c’è il rapporto di compenetrazione dentro-fuori: una certa fluidità acustica che fa filtrare il suono prodotto dai musicisti al di fuori e che fa di Volvo Studio una gigantesca cassa acustica diretta alla città. E viceversa, lo rende anche un imbuto che raccoglie – in certi momenti – ciò che arriva dalle strade».