Fino al 18 agosto, oltre 300 immagini – per lo più inedite – e due documentari raccontano oltre quaranta anni di Palermo, dell’Italia, del mondo dalle lenti della più grande reporter italiana (Letizia Battaglia, Palermo 1935) alla Casa dei Tre Oci.
Con un allestimento avvincente (ed inusuale: non mancate di leggere le preziose didascalie!) il piano terra ed i due piani della casa della fotografia veneziana stipano un’immensa matassa di sentimenti che si dipana grazie ad un punto di vista personalissimo, che non privilegia la perfezione e la bellezza ma il racconto immediato – qui ed ora – di persone, soprattutto bambine e donne, posti difficili da decifrare ma carichi di vita, animali e discariche rese fiaba, i monti norvegesi e anfratti di città indecifrabili, la crudezza della morte e della redenzione dal fenomeno ‘mafia’ che trascende ben oltre Palermo. Curata da FAM (una delle maggiori esperte di fotografia e performance italiane), l’antologica è una delle più grandi dedicate a Battaglia che ci ha raccontato che quando era più giovane è spesso venuta a Venezia per via di un’amore e si sorprendeva ella stessa a ricordare quanto avesse passeggiato per le fondamenta battute dal vento o baciate dal sole.
Il bianco e nero domina assoluto, sia che si tratti di efferati omicidi di mafia o di un ritratto struggente della madre di Peppino Impastato vestita a lutto, sullo sfondo un manifesto di DP (Democrazia Proletaria) che apertamente parla di omicidio mafioso e non semplice assassinio di una voce scomoda, suo figlio. Sia che si tratti di volti di bambine poverissime che si accostano ad un obiettivo, quello della Battaglia, che prima di tutto cerca in quelle bambine la sé liberata.
Una sola foto, situata nelle serie ubicate al secondo piano, è a colori – un tale coacervo di poesia che vi esploderà davanti nella sua semplicità e non la sveliamo.
Di famiglia tradizionale, si sposa presto (a sedici anni) e fa tre figlie. A 39 arriva – tardi e come momento di satori personale dopo la psicanalisi – alla fotografia e non impara nessuna tecnica tranne dare corso alla sua necessità di stare lì dove succedono le cose.
Muove i primi passi nel giornalismo a Milano, dove impara a fotografare per corredare di immagini i pezzi che scrive. Direttrice della fotografia per tre decenni de L’Ora (quotidiano comunista del pomeriggio edito a Palermo) fino al 1991, dirige successivamente essa stessa un mensile tutto al femminile, è attivista femminista, ecologista e finanche assessora: per tutti gli anni della sua carriera – celebrata anche all’estero con mostre, premi, borse di studio e finanche una nomination a Nobel per la Pace – cerca solo la verità. Raccontare, con meno intromissioni possibili, la realtà.
Letizia Battaglia: ‘La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e come tanto altro ancora. L’ho vissuta come acqua dentro la quale mi sono immersa, mi sono lavata e purificata. L’ho vissuta come salvezza e come verità. Io sono una che ha fatto reportage rimanendo nella città dove vive. Reportage può significare tante cose, per ognuno cose diverse. Per me significa andare al cuore delle cose, di un luogo, di una città, di un gruppo di persone, cioè scavare con l’immagine. Io lego molto la fotografia al cinema: è come una creazione, anche se poi è la realtà’.
La mostra – oltre ad avere uno bel catalogo (Marsilio) con, tra gli altri, un testo di un sindaco che per la prima volta ha senso leggere (autore Leoluca Orlando, primo cittadino di Palermo) – è ad alto tasso emotivo quindi sarete costretti a vederla più volte. E’ dog friendly, potreste andarci col vostro pet!.
Letizia Battaglia, che l’ha inaugurata raccontando di come si comporta quando ama e cosa è per lei il suo mestiere ora che ha aperto la sua galleria e scuola di fotografia ai Cantieri della Zisa (Palermo) dal 2017, ritornerà a Venezia di nuovo alla Casa dei Tre Oci il 25 maggio in occasione della sua partecipazione al Festival dei Matti e successivamente il 13 giugno al Fondaco dei Tedeschi. Impossibile che passi inosservata con la sua zazzera di capelli rosa shocking e quell’amore negli occhi.
Scritto da Diana Marrone