Il legame di Milano con l’architettura è sempre stato vivo, ma quello che è successo tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta è eccezionale in Italia. Un concentrato di invenzioni e sperimentazione senza paragone, in parte dovuto alla grande distruzione delle bombe della seconda guerra mondiale (che hanno abbattuto il 40% del tessuto urbano) e in parte alla fortunata combinazione di fermento economico, industriale e culturale che si è espresso in questa precisa area geografica in questi anni: le riviste di architettura che fiorivano, le aziende del design che hanno inventato nuovi universi segnici, gli artisti che facevano cose mirabili e collaboravano alle Triennali, ai padiglioni fieristici, alla costruzione dei nuovi condomini di lusso e popolari.
Le chiese sono un pezzo importante di questa storia: meno conosciute del Pirellone o di altri edifici simbolo di questa era produttiva, forse anche perché l’immaginario religioso è più legato ai nostri monumenti rinascimentali e barocchi, sono invece spazi bellissimi, iconici, a volta addirittura psichedelici.
Con l’intervento di Dan Flavin sulla Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, la Fondazione Prada è stata la prima a mettere in evidenza la bellezza di questo patrimonio, ma si moltiplicano da anni le gite e i tour dell’Ordine degli architetti, di infinite associazioni culturali e scuole, e di quella bellissima invenzione che è Open House.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-04-16