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Werner Herzog

Spazio Oberdan, V.le Vittorio Veneto, 2 - Milano

di Filoteo Alberini

"Io voglio mostrare a cosa può assomigliare un albero quando lo si vede per la prima volta nella vita", descrive in maniera stupenda e veritiera il suo modo di fare i film. Nelle pellicole: "Vi trovate una vita profonda, una sensazione di forza, un'intensità che non riscontrate nei film hollywoodiani in cui la natura ha qualcosa di artificiale". E' la ricerca di un eden della visione, che qui abbiamo smarrito per sempre: un'era in cui le immagini erano sempre potenti e vere, giuste, come gli dei dell'età dell'oro. Ogni sua impresa è uno spasmo, un confrontarsi con la natura nella sua forma più abissale. Sia che si tratti di ipnotizzare l'intero cast ("Cuore di vetro"), sia che si tratti di costruire un set su una parete verticale ("Grido di Pietra" – film usato per torturare i veri alpinisti), sia che si tratti di portare – a costo della perdita di vite umane - una nave sopra una montagna dell'Amazzonia ("Fitzcarraldo"), sia che si tratti di minacciare Kinski con il fucile ("Aguirre furore di Dio"). Già, Kinski. E' solo qui che è possibile vederlo nel suo splendore assoluto. Ne siamo grati a Herzog.

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